Tra la fine degli anni '80 e l’inizio del decennio successivo era considerato una sorta di “homo novus” del calcio tedesco. Non tanto perché fosse il più forte, ma perché era quasi un ambasciatore del movimento dell’ex Germania Est.
È infatti il primo giocatore oltrecortina a giocare nel nostro campionato. Arriva a Roma, sponda Lazio, nel 1991, rappresentando il perfetto emblema della fase di transizione di una società che sta per passare dalle mani dell’imprenditore Gianmarco Calleri a quelle del finanziere Sergio Cragnotti. Visione di gioco, piedi buoni, potenza nel tiro, scatto bruciante, ma anche qualche amnesia durante la partita e una certa tendenza a sparire nei momenti topici. Una sorta di giocatore talentuoso ma incompiuto. Con un po’ di costanza in più sarebbe stato un campione conclamato. Una voce sul suo conto getterà un’ombra su di lui. Un’ombra che in qualche misura continua a seguirlo, sebbene appaia priva di fondamento.

NATO AI BORDI DI PERIFERIA. Thomas Doll nasce a Malchin il 9 aprile del 1966. Malchin è un paesino di un land tedesco orientale, molto orientale. Il Meclemburgo-Pomerania Anteriore è a quei tempi parte integrante della Repubblica Democratica Tedesca, la cosiddetta DDR. La consorella comunista Polonia è a oltre due ore di macchina e nella Repubblica Federale Tedesca non si può andare. Nella Germania in cui Doll nasce uno dei pochi modi per vivere una vita migliore è essere uno sportivo. O un poliziotto, a seconda delle inclinazioni caratteriali e del talento personale. Il giovane Thomas ha il talento che basta per non dover fare il tutore della legge, ma per esprimere quel “quid” non può rimanere a Malchin, paesino troppo lontano dei centri nevralgici e dal calcio che conta(va). Infatti comincia a farsi notare nell’Hansa Rostock, una squadra quasi coetanea di Doll, creata nel 1965, quando il governo crea 11 "squadre centrali" che avrebbero fatto crescere giovani talenti e dato alla nazionale di calcio della Germania Est una costante fornitura di giocatori. È con l’Hansa che il giovane talento di centrocampo esordisce a 18 anni – è il 1984 - nella DDR-Oberliga, la serie A locale. Non segna molto (4 reti in 47 partite) ma le sue rifiniture sono preziose per chi poi realizza. Nel 1986 passa alla più quotata Dinamo Berlino e nella grande città le capacità di Thomas Doll si mettono maggiormente in mostra. La posizione in campo si modifica, gioca qualche metro in avanti rispetto a prima e i risultati si vedono. Oltre a vincere due scudetti, segna 39 gol in 99 partite, alzando notevolmente la media realizzativa personale. Non è particolarmente dotato sul piano fisico (altezza media, fisico tutto sommato minuto), ma una sua giocata improvvisa può esaltare i tifosi e zittire qualche detrattore. Fin da allora è poco simpatico a qualcuno e il motivo è inspiegabile.

DAS LEBEN DER ANDEREN (La vita degli altri). In quegli anni Doll vive una condizione da privilegiato. Abita in 64 metri quadri a Berlino e guadagna più di tutti i suoi colleghi. Tanto basta per scatenare invidie e sospetti. Sospetti infamanti. Anni più tardi, quando Doll è nella Lazio, un calciatore dell'Hannover, Jorge Kretzschmar, accusa il centrocampista di essere stato, assieme ai compagni di squadra Thom e Rohde, uno stretto collaboratore della STASI, la terribile polizia segreta della Germania Est. Secondo Kretzschmar, i tre avrebbero fatto gli informatori, segnalando alla polizia quegli atleti che avevano intenzione di scappare in Occidente. Stando ai fatti acclarati, nel 1983 il padre del futuro giocatore della Lazio viene invece licenziato perché accusato di avere troppe amicizie “nella parte tedesca sbagliata”. Subito dopo anche Doll perde il posto nella Nazionale under 18. La reazione del diretto interessato a quelle che secondo lui sono soltanto calunnie, non si lascia attendere: “Non so chi stia conducendo questa campagna contro di me e contro i miei amici Thom e Rohde. Sono pulito, non ho mai avuto contatti con nessuno, sono a posto con la mia coscienza. Ho sempre giocato al calcio, quello che ho me lo sono conquistato con il lavoro. Adesso che ho fatto strada, gioco nel miglior campionato del mondo, ecco che spunta fuori all'improvviso uno che conosco appena e con il quale ho giocato tanti anni fa e che mi accusa ingiustamente, inventando un sacco di storie tentando di distruggere la mia carriera". Sembra di essere in un film di spionaggio. Le accuse non avranno un seguito, ma in qualche modo gli rimangono addosso. Qualcuno si lascia persuadere dal fatto che in effetti il giocatore sia l’elemento di spicco proprio della squadra della STASI, la Dinamo. "E' vero – si difende una volta per tutte il centrocampista - la Dinamo era della polizia segreta ma il regime ci chiedeva soltanto di allenarci e di giocare bene la domenica". L’unico modo per lasciare i sospetti alle spalle è chiarire, sì, ma poi continuare a fare il proprio lavoro. Come Thomas Doll, giustamente, fa.

1991, LAZIO. Nell’estate Thomas Doll è a tutti gli effetti un giocatore della SS. Lazio. Risulta essere il primo giocatore dell’ex DDR a essere approdato nel nostro campionato. Mathias Sammer giocherà nell’Inter anni dopo. La Lazio è una squadra in piena transizione. Si è attestata da qualche stagione sul lato sinistro della classifica, ma le manca qualcosa per fare il salto di qualità. Ha 3 stranieri fenomenali, i tedeschi Doll e Riedle, più l’uruguaiano Ruben Sosa. Ma se non ci fossero loro la squadra segnerebbe con il contagocce. Tant’è che al termine del campionato i biancocelesti terminano a metà classifica. Manca un po’ di personalità, di cattiveria nei momenti fondamentali. Poi la società passa nelle mani del finanziere romano Sergio Cragnotti e ha inizio una nuova era. Thomas Doll rimane e compone un parco giocatori il cui peso specifico cresce di stagione in stagione. All’arrivo di Beppe Signori coincide anche quello dell’olandese Aron Winter e soprattutto quello dell’inglese Paul Gascoigne. Proprio con l’estroso mattatore ex Tottenham si crea qualche dualismo. I due tendono a sovrapporsi e l’allenatore Zoff deve ricorrere a qualche alchimia strategica per renderli compatibili. E non sempre la cosa avviene. Non ha il raziocinio tattico di Winter, né la spettacolarità di Gazza, ma per Zoff le qualità tecniche e balistiche di Doll sono importanti. Alla fine della stagione la Lazio arriva al 5° posto e dopo anni riprende parte a una competizione europea. L’anno successivo però è per Doll l’ultimo in maglia biancoceleste: lo acquista a stagione in corso l’Eintracht di Francoforte, felice di poter ingaggiare un vice campione d’Europa 1992 con la Nazionale della Germania unificata. Evidentemente, in Germania certe voci su Doll sono state archiviate da tempo. Ritenute non credibili, ma resta solo da capire il perché di una bomba a scoppio ritardato tesa a infangare un professionista integerrimo, fino a prova contraria.

BUNDESLIGA, POI SERIE B ITALIANA, ma sempre con classe. “La pseudospia” Thomas Doll è un giocatore che riesce a coniugare eleganza e concretezza. Nel pensiero come nell’azione. Dal punto di vista fisico, però, denuncia qualche fragilità che ne limita in parte la carriera. Alla soglia dei 30 anni decide di tornare a giocare in Italia. Ha ormai perso il treno dei quartieri alti del calcio, ma con professionalità e assoluto realismo accetta la serie B. Bari può essere la piazza del rilancio e il pubblico pugliese attende proprio un faro del gioco in mezzo al campo. In Italia però, certe voci hanno attecchito. Nessuno glielo dice in faccia, ma la battutina serpeggia. <<Ma chi, lo spione?>>, dicono quando si parla di lui. Anche stavolta le cose andranno a corrente alternata. Momenti di ottimo calcio, qualche pausa di troppo. E la serie B italiana non è clemente con nessuno. 2 stagioni, 45 presenze e 4 gol. Non c’è più lo spunto breve degli anni passati, ma la classe è sempre la stessa. In ogni caso, il Bari è promosso in serie A, missione compiuta. Doll gioca con compagni di spessore come il sudafricano Masinga, il rimpianto svedese Klas Ingesson e l’emergente Nicola Ventola e soprattutto con il futuro campione del mondo Gianluca Zambrotta. Nessuno in quegli anni lo accusa di aver dato fuoco al Teatro Petruzzelli per conto terzi e questa è già una notizia. La carriera del tedesco termina in condizioni climatiche opposte rispetto alla Puglia. Si ritira infatti nel 2001, dopo tre stagioni (senza gol) nella fredda Amburgo.

IN PANCHINA, MISTER. Ha inizio per lui una carriera di allenatore. Dopo un periodo di apprendistato nelle giovanili, nel 2004 Doll è l’allenatore proprio dell’Amburgo. I risultati conseguiti all’inizio sono buoni. Nella stagione 2005-2006 il nuovo tecnico riesce a portare la squadra alla qualificazione in Champions League, ma l’anno seguente l'Amburgo delude le aspettative. Viene eliminato dalla Champions League e per lunghi tratti della stagione è ultimo in classifica nella Bundesliga. Nel febbraio 2007 è proprio Thomas Doll a pagare per tutti, ma un mese dopo accetta la proposta di allenare il Borussia Dortmund. Inizia da qui un percorso falcidiato da esoneri e dimissioni. La prima di queste avviene nel maggio 2008, al termine di una stagione mediocre per il club della Renania-Vestfalia. Da giugno 2009 fino a ottobre 2010 allena il club turco Gençlerbirliği, squadra della Süper Lig turca, ma anche stavolta va male. Doll è esonerato dopo 4 sconfitte in 8 gare. A luglio 2011 decide di trasferirsi in Arabia Saudita per allenare il club Al-Hilal di Riyad. L’esperienza dura un anno e mezzo. Viene esonerato a gennaio 2012 a causa della pesante sconfitta in amichevole della sua squadra contro la Juventus (1-7). Dopo un periodo sabbatico, Thomas Doll è tornato in pista nel 2013 accettando la panchina del Ferencvaros, la squadra di Budapest più titolata all’estero. Dopo 5 stagioni è ancora lì. L’anno scorso ha vinto la Coppa d’Ungheria e sostiene di avere appena cominciato a togliersi soddisfazioni. Le meriterebbe. Ma nessuno ricordi al presidente Orbán che Doll era una spia della STASI, altrimenti si mette male.

Diego Mariottini