Essere umani è favoloso. Creature emotive con l'irresistibile vizietto di razionalizzare e catalogare tutto, dall'astratto al concreto, al solo scopo di fare quadrato su un geoide chiamato Terra. E la paura, fin dalla tenera età, è la sensazione che ingabbia ed annichilisce, come un'ombra che avvolge ed oscura la realtà. Ci insegnano ad evitarla, ci spiegano come superarla, talvolta è stata usata contro di noi; ma una cosa è assolutamente certa, la paura è stata incastonata nella sfera delle emozioni negative da sempre. Una sensazione "sbagliata". Tutta una questione di prospettive. Del resto, per quanto risulti piccolo ed insignificante un fiammifero, la sua luce in una notte buia è come un autentico faro. Lo stesso buio che per anni, da piccoli, ci ha tenuto col fiato sospeso. In preda al terrore. Alla paura. L'unica domanda che valga la pena porsi è la seguente: come può qualcosa di così puro e grandioso essere considerato un errore? Riordiniamo le idee. Non è forse la paura a renderci più coraggiosi? Più accorti? Più intelligenti? Più riflessivi? Più efficaci? Più maturi? Più responsabili? La paura ci rende vivi, ed è a mio modo di vedere la più alta tra le emozioni positive. Ma come tutte le cose va saputa incanalare nel verso giusto, nell'unica direzione per cui valga la pena esistere, quella condizione propositiva che stimola a crescere quotidianamente. Altrimenti, il rischio concreto che gli uomini regrediscano in bambini diviene realtà, come un maligno incantesimo sfuggito dalle teche di un castello lontano. Nessuna fiaba, però. E a pensarci bene non servivano neanche allora. Per gettare il panico tra i fanciulli bastava narrare del famigerato Uomo nero. A spaventare i calciatori, i dirigenti, i presidenti e i tifosi di oggi c'è invece una squadra, quella bianconera, che di domenica in domenica fa stragi di pianti e fiumi di lacrime. Non vuol essere un sibillino elogio alla possanza, al dominio incontrastato e alla forza dell'11 di Massimiliano Allegri. I riflettori di questo articolo sono da puntare esattamente all'opposto, sugli avversari, lasciando la società di Corso Galileo Ferraris nell'ombra. Un due tre e sbam, eccovi Le Cose Come Stanno: "vedi Juventus e poi piangi". Per tre ovvie ragioni. 1) Perché è più facile: all'andata il Milan ha vinto contro la Juventus tra più di un episodio arbitrale contestabile ed un gol annullato ingiustamente ai bianconeri. Addirittura due o tre stagioni prima al Milan venne concesso un rigore identico proprio contro la Juve, il fallo di mano di Isla - se non sbaglio calciatore - era addirittura più fortuito ed impossibile da evitare. Ma più in generale, nelle ultime tre stagioni il Milan ha portato a casa vittorie di misura su calci di rigore pesantissimi, molte volte dubbi, molte altre inesistenti. E nonostante tutti i rigori di questo mondo, sono "zero tituli" anche quest'anno - come diceva un grandissimo allenatore - e "zeru piazzamenti" per l'anno prossimo, ed è così da almeno cinque stagioni. Questo Milan, questi dirigenti e questa barzelletta in mondovisione del "closing" non saranno capaci di produrre vittorie consistenti - non Supercoppe - neanche alla tombola della parrocchia. 2) Perché ti insegnano a farlo: se un pastore si addormenta, le pecore sfuggono. E in molte dirigenze si fa finta di dormire da anni. De Laurentiis, Pallotta e i rispettivi sottoposti hanno scelto in molte occasioni di puntare il dito contro gli arbitri, persino dopo partite con ZERO tiri in porta delle loro squadre, dopo prestazioni scadenti tatticamente, tecnicamente e psicologicamente. Panchine corte e resa scadente dei 90 minuti. 3) Perché è più comodo: mettere a nudo la mancanza di idee, le scelte sbagliate a livello societario e gli acquisti inappropriati nelle sessioni di mercato è impensabile per chi, ogni anno, deve vendere gli abbonamenti e le magliette negli store ufficiali. Nessuno parla dei torti subiti dalla Juventus, come se - essendo una compagine troppo forte - fosse irrilevante l'operato a sfavore dell'arbitro. Cosi come nessuno darà voce al Palermo che contro la Roma è stato privato del gol dell'1-0 di Nestorovski. O al Crotone, costretto a subire un rigore + mezzo rigore completamente inventati in favore del Napoli. La realtà spaventa, ma è difficile da procrastinare. Esistono errori arbitrali per TUTTI. Poi esiste una squadra troppo forte a livello strutturale capace di minimizzare questi inconvenienti, non tanto per i suoi calciatori, no di certo per le dietrologie che la vogliono immischiata in vari ed eventuali giochi di potere. C'è una forza mentale inossidabile, superiore, costruita dal crollo, dalle sconfitte umilianti, da una pesante Serie B. E la paura che attanaglia i competitors non sarà mai trasformata in energia positiva fintantoché, ad ogni sconfitta, seguirà una lunga e lacrimante commedia. Con alberi marci, non ci si può aspettare buoni frutti: ci tocca assistere puntualmente a scenate di calciatori che, come paladini del niente, divengono simboli delle proprie squadre di appartenenza poiché si battono il petto per lamentarsi, sbraitanti. Occhi fuori dalle orbite, increduli, anche dopo aver subito per circa 90 minuti. Senza ricordare di aver goduto, in altre occasioni ed in altre partite, degli stessi vantaggi dovuti ad errori arbitrali. Manca l'ultima differenza da sottolineare: i pianti di un bambino sono istintivi, innocenti, di chi non riesce ad affrontare il mondo da solo. Reali. I pianti di questi pseudo-adulti sono troppo spesso calcolati, strumentalizzati, montati da hoc per un pretesto specioso. Finti. Paladini d'incoerenza, capitani della smorfia, i vostri eroi. MC