Il tratto distintivo e graffiante che caratterizza un determinato prodotto fino ad elevarlo a un livello superiore, si manifesta esattamente come il più piccolo, rettangolare e classico dei biglietti da visita: precede ed esalta quanto di buono abbia da offrire in poche righe. Esistono beni di consumo che, in attesa di essere lanciati sul mercato, fanno disquisire e dibattere milioni di persone per un anno intero. Lo chiamano l'effetto HYPE, la sensazione di chi vive un'attesa snervante al fine di testare, vedere e godere il tanto agognato prodotto. Ed è il marchio stesso che, attraverso la propria ultima creazione, fa schizzare alle stelle un brand intero. Tutti ne parlano. E tutti ne parleranno negli anni a venire. Ta-daa! Colpo di scena. Esiste un germoglio sgradito, come l'erbaccia che si insinua nei pertugi di un marciapiede perfetto. "Juventus" è il nome di un'eccezione micidiale. Un prodotto senza una vera firma che si continua a vendere benissimo da ormai tre anni a questa parte. Poiché vince, sorprende e porta a casa il risultato sempre e comunque. Esistono molte squadre, ma non tutte verranno ricordate nei secoli dei secoli; le squadre di Sacchi, le squadre di Guardiola, ma anche le squadre dei meno vincenti come Zeman e Fascetti, non rappresentano più il nome di una società. Il tempo fa sbiadire molto ma non tutto. Il modulo di gioco, di fare calcio, di come agire senza palla e di come aggredire o meno l'avversario rappresentano fattori che si sostituiscono ai colori, alle divise e ai nomi degli undici calciatori che hanno fatto o meno la storia di quel determinato club. Insieme alle foto, ai video e ai ricordi di ognuno, resterà solo l'idea di gioco. La firma di chi ha saputo imprimere le proprie certezze tattiche. Dopo molto tempo a questa parte, è tornato il momento di dirci Le Cose Come Stanno: esistono persone convinte di vedere un gatto nero in una stanza buia, specialmente quando il gatto non c'è. Tuttavia, se Allegri rappresenta un dibattito sempreverde non si può continuare a convincersi che il dibattito sia da attribuire ad un'allucinazione di massa. Da annotare a discapito di Max, ci sono due questioni che possono aver influito sul non stravolgere un credo tattico funzionale e funzionante: uno, il fatto che abbia ereditato una squadra ben collaudata su un preciso e determinato modulo; due, il fatto che abbia chiesto a gran voce un trequartista per poi ritrovarsi con Hernanes e Pjanic, prospetti ideali per altre posizioni, come il campo ha dimostrato. Inequivocabile però che la grinta, la caparbietà, la fame e la cattiveria agonistica impressa da Antonio Conte nella testa di questi calciatori stia brillando ancora oggi, un riflesso tramandato dalla vecchia guardia ai nuovi acquisti, anno dopo anno. Una formattazione mentale avvenuta sei anni fa e che, ancora oggi, sta facendo sbocciare nuovi frutti. Non a caso, "le squadre di Antonio Conte" è una dizione che merita di essere annoverata insieme a quelle elencate in precedenza. Allegri, a più riprese, è stato non-definito, da tifosi ma anche da qualche opinionista giornalistico e/o media televisivo: "non è un allenatore", "non è un motivatore", "non è innovativo", addirittura dopo l'esperienza nel Milan "non è propriamente capace". Ne abbiamo sentite di tutti i colori. Sicuramente non avrà una firma personale e chiara dal punto di vista del gioco espresso, ma la muscolarità che vuole in campo, l'atletismo, la voglia di andare a prendersi il risultato come basilare priorità senza minimamente chiedere il bel calcio ad ogni costo, ricorda a tratti il Trapattoni negli anni bianconeri e un altro grande toscano d'eccezione, Marcello Lippi. Niente filosofia, niente poesia, solo i tre punti. Una differenza rispetto a loro? La mano leggera sulla squadra. La semplicità autentica. Qualcosa di nuovo e che, a dispetto di chi gli chiede un'identità più marcata, sembra funzionare anche meglio. L'effetto HYPE verso la Juventus non è diminuito, è solo cambiato. Primo in campionato e primo in Champions. Finché la barca và. MC