Insediati il commissario straordinario FIGC Roberto Fabbricini, segretario generale del CONI, e il subcommissario Alessandro Costacurta, ha il via il nuovo corso federale: all'ex difensore del Milan e opinionista Sky è stata delegata la scelta del nuovo commissario tecnico dell’Italia.

L'obiettivo è quello di individuare una figura di carisma, un accentratore a cui affidare le chiavi del rilancio azzurro dopo la cocente eliminazione contro la Svezia agli spareggi di qualificazione ai Mondiali. La rosa dei candidati alla panchina della Nazionale è composta da quattro nomi:

  1. Claudio Ranieri, allenatore del Nantes;
  2. Roberto Mancini, tecnico dello Zenit;
  3. Antonio Conte, manager del Chelsea;
  4. Carlo Ancelotti, senza squadra dopo l'esonero dal Bayern Monaco. 

Il primo, autore della leggendaria impresa con il Leicester campione d'Inghilterra 2016, in ordine di preferenza parte leggermente sfavorito rispetto agli altri; il terzo rappresenta forse la prima scelta ma non perde occasione per tirarsi fuori dalla corsa alla panchina azzurra complici il prestigioso contratto rinnovato solo pochi mesi fa con il Chelsea e la superba performance con la sua Italia portata a un paio di sciagurati rigori dalla semifinale agli Europei in Portogallo del 2016, traguardo che ritiene difficilmente migliorabile; il quarto ha manifestato spesso e volentieri di preferire continuare la carriera nei club. In pole vi è quindi il secondo, da sempre attratto dall'idea di diventare CT della Nazionale anche per prendersi una rivincita non essendo da calciatore riuscito a lasciare un segno del suo straordinario talento. A più riprese, infatti, il tecnico dello Zenit ha fatto capire di potersi liberare dalla squadra russa pur di sedersi sull'agognata panchina azzurra.

Roberto Mancini quindi, profilo di carisma, esperienza e di grande rispettabilità agli occhi dei calciatori. Il 'Mancio' porterebbe con sè un bagaglio di mentalità vincente accumulato nelle più svariate situazioni fin da quando era calciatore e già allora mostrava doti fuori dal comune di allenatore in campo e addirittura manager (come dimenticare quando, consultato dal presidente della Lazio Cragnotti, suggerì di prendere Diego Simeone anzichè un Paulo Sousa già con le valigie in mano, nello scambio con Christian Vieri all'Inter). Da allenatore, Roberto vince la Coppa Italia con Fiorentina e Lazio prima di raggiungere all'Inter Massimo Moratti che aveva fatto di tutto per portarlo a Milano già da calciatore ai tempi della Sampdoria. In nerazzurro avvia il trionfale ciclo 2005-2010 con 2 Coppe Italia e 2 Supercoppe Italiane prima di vincere 2 scudetti consecutivi con una corazzata costruita sullo strapotere fisico. Al Manchester City porta a casa la FA Cup prima di vincere il titolo in un'ultima giornata da batticuore con la rimonta sul QPR negli ultimi 2 minuti del recupero, un titolo che mancava da 44 anni, completato dal Community Shield. Proprio in Inghilterra Mancini raggiunge l'apice della sua carriera da allenatore, portando al successo una squadra che aveva sì ampie possibilità economiche per accontentare le sue (ottime) richieste ma che non conosceva il significato della parola "vincere". Nell'ultimo quinquennio, prova l'esperienza del campionato turco subentrando a Terim, come a Firenze, sulla panchina del Galatasaray e collezionando una Coppa di Turchia e la prestigiosa qualificazione agli ottavi di Champions League ai danni della Juventus, in seguito torna all'Inter con l'intento di riportarla al vertice ma il suo lavoro viene interrotto dal passaggio di proprietà Thohir-Suning dopo aver comunque ottenuto un quarto posto che a oggi risulta il miglior piazzamento degli ultimi 6 anni interisti. Attualmente il suo Zenit, reduce dalla disastrosa stagione con Lucescu, è al secondo posto in classifica valido per la qualificazione in Champions, dopo aver messo in atto un profondo restyling della rosa con l'innesto di una folta colonia di giovani argentini composta da Mammana, Rigoni, Kranevitter, Paredes e Driussi.

I difetti nella carriera di Mancini possono essere individuati in un carattere forte e scontroso che lo porta spesso alla lite con calciatori dalla personalità più spiccata, un rapporto con i calciatori piuttosto distaccato che porta alcuni di essi a ritenersi poco utili alla causa (gli ex City Shay Given ed Emmanuel Adebayor non hanno certo avuto parole al miele per il loro ex tecnico) e infine la fatica nelle coppe europee delle sue squadre: dopo la semifinale UEFA ottenuta con la Lazio nel 2003 contro il Porto di Mourinho poi divenuto campione, con l'Inter ha collezionato due quarti di finale persi contro Milan e Villarreal e due ottavi persi contro Valencia e Liverpool (a cui seguì la sciagurata conferenza stampa di addio a fine stagione poi ritrattata ma sufficiente per far sì che Moratti prendesse contatti con un Mourinho senza squadra). Al City non è andata meglio con due eliminazioni ai gironi di Champions e due eliminazioni agli ottavi di Europa League. 

Il suo grande pregio è quello di saper scegliere i giocatori, cosa di cui la Nazionale ha estremamente bisogno: serve un selezionatore, non un maniacale allenatore di campo. E Roberto corrisponde perfettamente a questo identikit.

Ora, con il campionato russo in pausa invernale e con l'Europa League alle porte (lo Zenit affronterà il Celtic), Mancini osserverà interessato il casting appena avviato dal nuovo corso federale che ha subito portato a dei contatti con Costacurta. Ma, dato che in Inghilterra non hanno dimenticato il grande lavoro di Mancini al City, bisogna fare in fretta prima che la Premier League bussi alla sua porta: Roberto è sempre attratto dalle sirene inglesi, la Premier è il suo campionato preferito, ma la sua aspirazione massima è la panchina dell'Italia. 

Mancini è l'uomo giusto, il profilo ideale per il rilancio della Nazionale.