“Negli sport a squadre, ciascuno degli atleti che partecipano a gare e campionati solo in caso di indisponibilità di un titolare”.
Una definizione che non fa sconti, spietata: il termine riserva, all’interno del vasto mondo della pratica calcistica, ricopre un ruolo spinoso e poco dignitoso come il sottolineare la marcata differenza, spesso di qualità, tra le risorse umane di prima fascia e quelle di seconda/terza fascia. Una parola che, come se non bastasse quanto citato poc’anzi, assume un’ulteriore connotazione negativa, addirittura quasi dispregiativa, se utilizzata a sproposito dai membri delle varie tifoserie. Perché, qualora non fosse chiaro il messaggio, nell’immaginario comune la figura della riserva è associata tendenzialmente a quella di un tappabuchi o, meglio, a quella di una crocerossina ideale che, in assenza del medico primario di turno, provvede a tamponare un’eventuale situazione critica. Ebbene, non è così.

Non prendiamoci in giro: in alcuni club, soprattutto nei più affermati a livello internazionale, non è raro imbattersi nella tipologia di riserva descritta finora, ovvero quella che nel corso della stagione diviene un tutt’uno con il proprio posto in panchina, in attesa che il titolare del quale dovrebbe fare le veci si faccia finalmente da parte. Tuttavia, e basta osservare attentamente la nostra cara Serie A per accorgersene, potremmo individuare una seconda tipologia di riserva, solitamente caratterizzata da qualità tecniche così importanti da divenire co-titolare o, almeno, da insidiare costantemente la salda posizione in campo del proprio collega titolare. Probabilmente, leggendo quest’ultima descrizione, in molti avrete materializzato nella vostra mente la figura di un calciatore simile, magari uno di quelli che partendo dalla condizione iniziale (scaldapanchina) è riuscito ad imporsi su qualsiasi previsione ed aspettativa, divenendo un vero e proprio valore aggiunto per la propria squadra. In questo senso, mi risulta impossibile non citare il recente exploit di Kwadwo Asamoah.

Il terzino ghanese, approdato alla Juventus nel lontano 2012, rappresenta il prototipo di calciatore che ogni squadra vorrebbe poter vantare: umile, silenzioso, disponibile, talentuoso e, soprattutto, disposto ad accettare di buon grado il farsi da parte per favorire la continuità di un collega più giovane e relativamente più qualitativo come Alex Sandro; in particolare, quest’ultimo aspetto denota una maturità umana e professionale che, credetemi, non bisogna mai e poi mai dare per scontato. Complici le notevoli prestazioni del terzino brasiliano nel corso dell’ultima annata, ai blocchi di partenza di questa stagione la situazione in casa bianconera era la seguente: ampio spazio allo stesso Alex Sandro, con Asamoah rassegnato all’idea di un minutaggio presumibilmente ridotto all’osso. Uno scenario frustrante, seppur mai apertamente contestato, per un calciatore che ha sempre fatto dell’affidabilità il personalissimo marchio di fabbrica della propria esperienza juventina. Poi, la svolta. A causa delle inevitabili pressioni dettate da un ambiente ultra-competitivo, alle quali si sono aggiunti problemi di natura fisica, il rendimento del terzino brasiliano è sprofondato, costringendo il tecnico Massimiliano Allegri ad un imprevisto cambio di rotta che ha reso, inevitabilmente, il nostro protagonista di giornata la prima scelta per quanto riguarda la fascia sinistra. Inutile sottolineare come, chiamato in causa, l’ex Udinese abbia capitalizzato al massimo ogni singola chance capitatagli fino ad oggi.

Le statistiche, come sempre, giungono in nostro soccorso per chiarire meglio ogni eventuale dubbio: prendendo in considerazione il campionato, Asamoah ha collezionato attualmente 15 presenze stagionali, ben 11 delle quali giocando dal primo minuto; dati ai quali vanno aggiunte le 3 presenze, tutte da titolare, in Coppa Italia e le 2 presenze, in questo caso da subentrato, in Champions League. Date le premesse iniziali, un bottino niente male, al quale si aggiunge l’ulteriore soddisfazione di aver più volte spinto Allegri ad avanzare Alex Sandro sulla linea degli attaccanti pur di avere lo stesso terzino ghanese come padrone unico della porzione difensiva della fascia sinistra. Ma ogni rosa, come si suol dire, ha le sue spine. Nonostante la propria considerazione sia aumentata notevolmente nel corso degli ultimi mesi, infatti, pare che il rapporto tra il giocatore e la Juventus sia irrimediabilmente incrinato. Rancore per il trattamento riservatogli durante le passate stagioni? Problemi personali con l’allenatore? Necessità di ricercare nuovi stimoli? Una migliore proposta economica da parte della concorrenza? Non ci è dato sapere quali siano i reali motivi di questa divergenza, fatto sta che l’addio di Asamoah sembrerebbe essere pura formalità, in quanto il calciatore avrebbe più volte rifiutato il rinnovo contrattuale. E, soprattutto, rappresenta una tripla beffa per i bianconeri.

Innanzitutto, l’addio comporta una necessità impellente per la Juventus di ricercare un sostituto adeguato che, tra l’altro, non dovrebbe disdegnare un continuo testa a testa con Alex Sandro per una maglia da titolare; in secondo luogo, la sua dipartita risulta fastidiosa da un punto di vista economico, in quanto il giocatore si libererà a costo zero e, di conseguenza, non permetterà la creazione di profitto per le casse bianconere; infine, come se non bastasse, l’altissima probabilità di vedere il calciatore con la casacca dell’Inter, rivale storica per eccellenza del club torinese, che a detta di tutti avrebbe già convinto il terzino con un invitante contratto triennale. La soluzione nerazzurra potrà realmente garantire ad Asamoah un minutaggio consistente o comunque maggiore rispetto a quello accumulato nel corso di questa stagione?
Sono scettico al riguardo, ma lungi da me dare giudizi troppo affrettati. Soprattutto se questi giudizi, alla fine della fiera, riguardano un calciatore che, nel corso degli ultimi 6 anni, ha avuto la delicatezza di anteporre i bisogni della Juventus ai propri. Vestendo e svestendo, suo malgrado, gli abiti della riserva.