La differenza tra Liverpool e Roma è stata evidente. Gli Inglesi hanno dominato la partita e l'hanno vinta con pieno merito. Tuttavia alla Roma non si poteva chiedere davvero di più. I giallorossi ci hanno messo l'anima, il cuore, hanno tentato in tutti i modi di contrastare Salah e soci. Potrebbero addursi innumerevoli ragioni della sconfitta, ma alcune riflessioni mi sembrano più pertinenti di altre.

Inizierei affermando che esiste un grave deficit nelle rose delle squadre italiane che partecipano alle competizioni europee. Solo la Juventus a tal proposito può essere competitiva. E quindi, si può tranquillamente affermare che la ricchezza dei club europei che partecipano alla Champions è una delle ragioni della loro superiorità sulle altre.
Il Liverpool, nella speciale classifica delle squadre con maggiori ricavi in Europa, si classifica al 9° posto, appena sopra la Juventus, con 424 milioni di euro (fonte Deloitte Football Money League); la Roma è solo al 24° posto con appena 171 milioni di fatturato. A conferma di queste enormi differenze, vale la pena rilevare un altro dato: la squadra italiana col maggior fatturato in Europa è la Juventus, che si trova al 10° posto; davanti a sè ha 5 club inglesi e due spagnoli, oltre il PSG e il Bayern. I numeri sono impietosi. 

Non sarebbe però intellettualmente onesto affermare che il problema economico è l'unico a determinare la differenza nei risultati. Contro la Roma Salah ha impressionato. Quando la Roma se ne privò, non sembrava che il marocchino potesse esplodere in questo modo. Qual è la ragione di questa trasformazione? Perchè Salah è diventato un giocatore paragonabile a Messi? (l'ho letto su molti articoli). Temo che la ragione sia da attribuire alla qualità dei campionati, ma soprattutto a una profonda differenza di mentalità.
In Inghilterra, in Spagna, anche in Germania, gli allenatori e in generale i settori tecnici delle squadre, puntano prevalentemente sull'aspetto tecnico dei giocatori. Ai giovani si insegna prima a dribblare, poi a come devi stare sul campo. Non esistono particolari tatticismi, i giocatori sono liberi di dare sfogo al loro estro, di esprimere al meglio tutte le proprie potenzialità. In Italia, gli allenatori ingabbiano i migliori giocatori in tatticismi che li limitano, impedendo loro di esprimersi al meglio. Non mi pare che a Ronaldo, Messi, Neymar, Salah si possa dire "devi fare questo o quest'altro". A loro si chiede di determinare le partite, e loro le determinano. 

La verità è che in Europa si gioca per vincere; in Italia per non perdere. E' dai tempi del Milan di Sacchi che non si vede un'Italiana in Europa che detta legge, e personalmente, da juventino, non so cosa darei per rivedere quella meravigliosa squadra, unico obiettivo della quale era segnare e divertire. Tutte le altre squadre, compresa la Juventus, giocano innanzitutto per non prendere gol. Quante volte abbiamo sentito dire agli allenatori dei club europei che l'importante è segnare un gol in più degli avversari? Se le partite si vincono 4 a 3, o si vincono 1 a 0, cosa cambia? Cambia solo che, se alla fine prendi il solito golletto su sventurata deviazione di un tuo difensore, hai perso la partita, e con la mentalità che ti ritrovi non riesci a sovvertire il risultato. Non è un caso che in Champions le partite finiscano sempre con tanti gol. E non è un caso che Allegri abbia sempre affermato che alla Juventus non si può chiedere di vincere in casa con il Tottenham (4° forza del campionato inglese) per 3 a 0. Certo, l'allenatore toscano poi deve spiegare perchè è invece possibile vincere a Madrid 3 a 1. E' troppo evidente che la mentalità dei nostri allenatori è sbagliata.

Non bisogna nascondersi dietro il classico dito. Ci sono differenze economiche tali che non potranno mai essere colmate, ma ciò non significa che ci si debba rassegnare al digiuno europeo anche per i prossimi secoli. Vale la pena ricordare che anche l'ultima vittoria di una Italiana in Champions (l'Inter) è avvenuta in modo a dir poco rocambolesco, tanto che l'Inter non è mai riuscita a ripetersi.

Un esame di coscienza da parte del nostro calcio è d'obbligo. Vogliamo accontentarci delle briciole che ci lasciano gli altri club europei puntando sul nostro modesto campionato? A questa domanda deve innanzitutto rispondere Andrea Agnelli, al momento l'unico presidente che potrebbe imporre al proprio staff tecnico un cambio di logica, vista la competività della rosa dei bianconeri.
A questa domanda se ne lega un'altra: quanti campionati deve vincere la Juventus per puntare seriamente e incondizionatamente alla Champions League? Appunto, un cambio di logica!