Quest’ultimo turno di campionato ha rafforzato ancora di più un’idea che mi sta balenando in testa da qualche mese. Il portiere forte e l’allenatore bravo valgono molto più di quell’ X % che l’opinione pubblica generale gli attribuisce. Ma proprio molto di più. Entrambi hanno modificato la loro primaria accezione del mestiere, ma forse anche quella moderna. Siamo arrivati ad una versione iper-moderna. Il portiere non è più quello che dev’essere bravo tra i pali, capace nelle uscite, con i piedi discreti (e già qua eravamo ad una versione 2.0 del portiere). Il portiere ora nella maggior parte delle squadre inizia l’azione d’attacco. Quasi tutti i rinvii dal fondo anche delle squadre di bassa classifica sono passaggi corti al difensore, non per niente le squadre avversarie oramai solitamente tengono altissimi i 3 giocatori offensivi, le ali vanno sui centrali (che per il rinvio si allargano), la punta centrale sul centromediano metodista (che per il rinvio arretra a ricezione della palla). Il portiere deve quindi servire uno dei suoi 3 difensori (come dicevo, spesso marcati altissimi) pressoché alla perfezione, pena una palla persa in zona pericolosissima. Oppure servire sulla linea mediana il primo che ha un minimo di libertà (o il più alto fisicamente), sempre con la massima precisione, altrimenti subisce il contropiede. Le uscite sono oramai diventate un “must” e non un’opzione. Neuer sta esasperando la situazione (grazie anche a Guardiola) ma a quel punto (o quasi) prima o poi ci arriveranno tutti. Uscite basse, alte, spericolate, di testa, di piede, sulla trequarti o sulla fascia. Il portiere come “estremo difensore” ma a tutto tondo però. Un portiere che sa fare tutte queste cose, oggi come oggi, è diventato un valore aggiunto enorme. L’esempio più lampante è Reina del Napoli, sempre stato un po’ altalenante tra i pali, ma un fenomeno nelle uscite (soprattutto basse). Reina esce sempre di più (spronato anche dagli equilibri tattici di Sarri), partecipa alle azioni quasi sempre, serve i suoi compagni con estrema sicurezza. Tra i pali non è impeccabile (anche se contro l’Inter al 94’ ha compiuto un miracolo pazzesco) ma la sua difesa gioca in estrema sicurezza proprio per tutto il resto. Infine l’allenatore. Qua non c’è bisogno di dilungarsi molto. Il Liverpool che fa 4 vittorie in 12 giorni è la stessa identica squadra di qualche settimana fa. Solo con un allenatore diverso. La Fiorentina equilibrata e in lotta per i primi posti in classifica è una squadra che tutti dicevano indebolita rispetto allo scorso anno, quando di questi tempi veleggiava a metà classifica e subìva gol con regolarità. Il Napoli di quest’anno è quasi identico a quello dello scorso anno, con un Allan e un Reina (!) in più. Queste sono squadre che hanno chiaramente un enorme valore aggiunto derivante dal tecnico. Squadre simili che al momento di cambiare allenatore ottengono risultati molto diversi. Quanti punti porta un allenatore che riesca a farsi seguire dalla propria squadra, a comunicare bene, a generare entusiasmo e alchimia tra giocatori e pubblico? Altri esempi. Il Torino prima di trovare Ventura, dal 2005 al 2011 ha cambiato 15 volte l’allenatore. QUINDICI VOLTE (richiamando a volte anche i predecessori, eh). Ventura, che riuscì a portare il Bari al 10° posto della Serie A. O il Pisa al 6° posto della Serie B. Dopo Ventura, cosa hanno combinato Bari e Pisa? Ultimo esempio. E poi la smetto. La Premier League. Dov’è finita la tattica in Premier League? Siamo nelle mani di Pellegrini? Are you sure? No, I’m not. Il signor Pellegrini, che è venuto a giocare contro la Juve di Allegri nonostante una rosa costata quasi 10 volte tanto perde all’andata e al ritorno in Champions, tirando 4 volte in porta in 2 partite. Un campionato che riceve 2 miliardi di euro dai diritti tv e che spende il doppio di qualsiasi altro campionato europeo. E non riesce ad avere una squadra competitiva per la Champions, ma neanche lontanamente. È bastato un semplice Claudio Ranieri per infiocchettarli e portare una squadra da salvezza in extremis al primo posto in campionato. Ranieri non sarà un “guru”, ma certamente non ha bisogno di insegnamenti tattici. E se non è un allenatore da grandissime squadre (non indimenticabili le sue esperienze al Chelsea, alla Juve e alla Roma) è sicuramente un fenomeno ad allenare squadre da metà classifica (Cagliari, Napoli, Fiorentina, Parma e ora appunto Leicester). Portiere completo e molto forte + allenatore intelligente e bravo = + del 40% di crescita del valore della squadra e almeno 15 punti in più alla fine della stagione. Valutazione prudenziale.