L’Atalanta non smette di stupire. Chi si aspettava di ritrovarla, dopo l’exploit della scorsa stagione, culminata con uno storico quarto posto, nelle parti medio-basse della classifica, è rimasto deluso. Anzi, quest’anno la squadra di Gasperini si sta dimostrando ancora più matura, spettacolare e camaleontica che mai. E tutte le sue qualità si sono palesate all’ennesima potenza sul palcoscenico europeo: proprio in Europa League, la Dea ha trovato la sua nuova dimensione, trasformandosi da semplice sorpresa a solida realtà, consolidando l’abitudine a giocare uomo contro uomo che ne aveva fatto le fortune in Italia senza abbandonare l’intento di proporre un’idea di calcio basata essenzialmente sul collettivo. Dopo un inizio titubante in campionato, con in tasca la qualificazione per i sedicesimi di finale (il Borussia Dortmund sarà l’ostico avversario), il Gasp e i suoi ragazzi hanno ripreso a macinare gioco e risultati anche in Serie A. Migliorata nell’organico e più consapevole dei propri mezzi, sembra proporre uno stile di gioco ancora più spumeggiante rispetto al passato, anche grazie al fondamentale apporto di quegli elementi capaci di mettere in primo piano i risultati del gruppo rispetto alla gloria personale. Tra questi l’esempio lampante è lui: Andrea Petagna, attaccante di nome, ma non di fatto, in grado con i suoi movimenti di aprire spazi per gli inserimenti dei centrocampisti d’assalto del Gasp. Ma di gol neanche l’ombra.

Sì, lo so: un attaccante senza gol è come un party in piscina senza mojito. Ma ciò non è del tutto vero. Negli ultimi anni il calcio è cambiato, e con esso sono cambiati i centravanti, ai quali viene affidato il difficile compito di dare ampiezza alla manovra offensiva, con movimenti e contro movimenti in grado di mettere in crisi le granitiche difese avversarie. Ventidue anni, fisico da corazziere, Petagna non è mai stato un bomber di razza: basti pensare che il suo record personale di segnature risale alla stagione 2015/2016, in Serie B con la maglia dell’Ascoli, quando furono 7 le reti del’attaccante triestino. Tuttavia Petagna ha una capacità rara: difende la palla in maniera straordinaria, riuscendo spesso a trovare la soluzione giusta pur essendo rivolto con le spalle alla porta. Ecco perché Andrea è e rimane un elemento essenziale nel gioco offensivo proposto dell’Atalanta, capace di mandare in rete trequartisti, centrocampisti e difensori. Petagna c’è sempre, si sente ma non si vede. Guai a sottovalutare la sua visione di gioco, qualità che Gasperini ha avuto il merito di intuire e migliorare di partita in partita, ricavando risultati inaspettati. Non a caso in questa stagione ha realizzato 4 assist diretti, ma le azioni da gol partite dal suo sinistro sono tantissime.

L’arrivo nel mercato estivo del colosso danese Cornelius sembrava poter mettere in discussione la sua titolarità nel ruolo di attaccante centrale, ma fin da subito si è capito che l’attaccante scuola Milan rappresenta un elemento imprescindibile per Gasperini, al pari di Caldara, Masiello, Toloi, Cristante e Gomez. Probabilmente Petagna non acquisirà mai l’efficacia sotto porta propria dei grandi interpreti del ruolo di prima punta, ma resterà uno dei pochi in giro per l’Europa in grado di far davvero giocare bene la propria squadra. Con buona pace di quanti rivedevano in lui le fattezze di un certo Bobo Vieri.