San Siro dovrà prendere la Nazionale per mano. Per accompagnarla dove? Meglio le mani che pedate nel sedere qualcuno potrebbe pensare. E' più da gentiluomini o gentildonne verrebbe da dire. Galateo calcistico.
Eppure le imprecazioni son volate nella serata nera del 10 novembre. Un giorno che nella storia non ha determinato grandi eventi e che forse verrà ricordato per i prossimi decenni o per il pericolo scampato o per l'inizio della via crucis della Nazionale. Peccatori, tutti. Venite e confessatevi.

Diciamolo pure. La colpa non è solo di Ventura. Di cui si trova insopportabile la ricerca sempre di una giustificazione. Non se ne può più. Ciò è anche peggio delle prestazioni da dilettanti di professionisti che disonorano i colori di una patria intera. Nel girone degli immeritevoli dovrebbero vagare, fermarsi, riflettere. Però, come qualcuno ha osservato, al momento il top del nostro calcio è questo. Siamo messi così. E cosa aspettarsi? Si è arrivati alla fine.
La corda si è spezzata. Ci si potrà anche qualificare ai mondiali, cosa che crede possibile solo il 20% degli italiani in base a diversi sondaggi diffusi in rete anche da importanti siti internet. Ma in ogni caso non si andrà lontani. I volti sconcertati dei commentatori in Tv, di alcuni giocatori e forse anche di Ventura, quello di Tavecchio non pervenuto al momento, sono l'emblema del nostro calcio. Sconcerto. Non più musica, ma rumori. Non più orchestra ma il silenzio. Si doveva arrivare a questo punto per arrivare a capire la gravità della situazione del nostro calcio? Una situazione imbarazzante? 
Sì. 
Perché in Italia si ha il vizio di giustificare tutto, di vivere di vittimismo, di non volersi mai mettere in discussione, di non voler mai riconoscere il proprio fallimento.
Le dimissioni dovrebbero arrivare da più parti. Più giocatori dovrebbero dire siamo indegni di indossare questa maglia. Meglio una squadra di dilettanti. Quelli che giocano a pallone sull'asfalto, che usano le pietre per fare i pali. Avrebbero dato di più, sicuramente.