Non ho visto il derby. Sabato sono salito fino all'eremo di Celestino V°, nei pressi di Sulmona in Abruzzo, e lì ho atteso l'esito del match. Ho controllato il risultato alla fine del 1° tempo e, quando ho visto che si stava sul 2-0, ho pensato di rimanere in eremitaggio, lasciando agli amici interisti il compito di venirmi a cercare. Quando pensavo che ormai tutto fosse finito, proprio un interista mi ha avvisato su un noto social network che era accaduto l'impensabile. Era infuriato e lo capisco, lo sarebbe stato anche il sottoscritto. Gli ho comunque ricordato che: 1) all'andata sono stati i nerazzurri a riprendere il risultato sull'ultima azione; 2) a Crotone hanno disputato anche loro qualcosa di simile ai "tempi supplementari" (arrivare al 97° li ricorda un po'), ma non ne hanno saputo approfittare e non per colpa del Milan. Il pareggio non esalta, ma va molto bene per come è maturato. Sulla partita, non avendola vista, non mi esprimo. Lascio giudicare a chi ne è stato spettatore. Passiamo al "closing" e agli sviluppi degli ultimi giorni. Come ho scritto nel titolo, tutto questo passaggio di proprietà mi ricorda tanto la vicenda del Conte Tacchia interpretato negli anni '80 da Enrico Montesano. Pensateci bene... Sopraggiunge a Milano Han Li, vice di YongHong Li che, secondo le fonti, avrebbe da 500 a 700 mln di euro, ma che si espone per almeno 700 mln della stessa valuta prendendone almeno 300 a prestito molto oneroso e racimolandone altri da non si sa chi (non si sa in quanto i suoi soldi sono tutti in Cina e, almeno ufficialmente, non possono uscire). Sopraggiunge Han Li quindi, che non rappresenta certo Abrahmovich o lo sceicco Al Maktoum, e dopo aver visto Dybala col Barça chiede "Quanto costa questo qui?". La boutade ricorda tristemente l'episodio del presidente di una squadra di provincia cui dissero "Presidente, la squadra e buona però manca l'amalgama" e quel signore rispose "Lamalgama? abbiamo i soldi per comprarlo, dove gioca?". No, non è colpa mia, ma l'esordio è stato quanto meno da Conte Tacchia, che vorrebbe essere nobile, ma è solo il rampollo di un dignitoso artigiano. Le operazioni "closing" si sono svolte fra fotografie di rito e presenza allo stadio, come da programma della bella gita a Milano. Poi, fra un flash e l'altro, Fassone proclama qualcosa di agghiacciante per un tifoso: il programma è raggiungere il pareggio del bilancio nel 2019. L'affermazione è agghiacciante perché, secondo voi, come si raggiunge il pareggio del bilancio in 2 anni dovendo ripianare 200 mln di debiti restituire almeno 300 mln di prestito? Tenendo i pezzi migliori e mettendo a segni colpi a forza di decine di milioni? Il buon senso mi dice di no e credo che lo dica a chiunque. Forse vendendo Niang, De Sciglio, Donnarumma e Suso si potrà prendere qualcosa, ma facendo sempre una discreta cresta e lavorando su giocatori in esubero nei loro club o che si avviano alla scadenza del contratto. Il paragone col Conte Tacchia, tuttavia, torna buono soprattutto pensando alla diffidenza e freddezza con cui i connazionali interisti dei signori Li hanno accolto la nuova proprietà milanista. Hanno agito proprio come i nobili romani che, invitati alla festa di Montesano, snobbano l'invito. E non ve la prendete, perché quanto scrivo è solo una coloritura bonaria dei fatti così come si sono svolti o comunque riportati dai mezzi di informazione più seri e autorevoli. Non sono una mia invenzione e restano tali anche se qualcuno dovesse tenere il broncio. Non posso farci nulla: i fatti sono questi. E pensate ai 2 anni che ci attendono, ovvero un paio di stagioni al suono di:, - occorre vendere prima di comprare; - occorre attendere l'ok del Fondo Elliott (il quale, vi piaccia o no, pare si sia riservato il diritto di approvare operazioni di gestione e di mercato della società rossonera). Tant'è e, come dice Pietro L'Aretino nel prologo de "La Cortigiana", "chi l'ha per male grattisi il fondoschiena" (in realtà l'Aretino usa un'altra parola meno gentile, ma la buonanima di mia madre non approverebbe se usassi quel termine).