Se fossimo ancora sotto la sciagurata gestione Galliani, questo articolo non avrebbe senso.
Ma il Milan è cinese da un anno, con dichiarate velleità di tornare grande nel medio termine, quindi, viste tali dichiarazioni è il caso che i tifosi reclamino chiarezza d’intenti.

Ho ascoltato le parole dell’ottimo Fassone in calce all’appuntamento di Nyon e non sembra trapeli una gran chiarezza sulla reale situazione tecnica in cui versiamo.
Proviamo a fare delle semplici considerazioni, dando per buono il postulato proprietà Li=ritorno nel gotha del calcio. Quante squadre abbiamo davanti ad oggi in Europa? Ad essere ottimisti almeno una dozzina. Con tre acquisti a fronte di tre cessioni, parole odierne di Fassone, possiamo colmare il gap? No. Semplicemente perché è molto probabile che una di queste sia Donnarumma=meno un fuoriclasse.
Quindi se è vero che il gruppo odierno ha ad oggi almeno 12 squadre davanti in Europa e dovrà cedere Donnarumma per fare una specie di mercato, non riuscirà mai a colmare questo gap. Con i 60 milioni che, forse, ne ricaveremmo, potremmo acquistare centravanti, mezz’ala ed esterno d’attacco di medio livello, facendo poco o niente per una panchina che ad oggi è semplicemente improponibile e che, Juve docet, nel calcio attuale è determinante per porsi determinati traguardi.

Pertanto l’AD farebbe buona cosa se, con la chiarezza che lo contraddistingue, dichiarasse che la strada per tornare grandi è molto più lunga del previsto e passa inevitabilmente per uno stadio di proprietà (un miraggio ad oggi), una solidità finanziaria senza sanzioni o restrizioni UEFA e, di conseguenza un’ampia libertà di operare sul mercato per colmare davvero quella distanza che ad oggi appare inavvicinabile.

Sono lontane le speranze di un anno fa, sembrava davvero la volta buona ed un mercato con meno errori ci avrebbe avvicinato agli obiettivi e non svuotate le casse. Oggi non avremmo in casa brocchi spaventosi ed invendibili per il decimo anno consecutivo e potremmo guardare al domani con più serenità.

Ma siccome non è così, corre l’obbligo di rivedere i progetti e farcene una ragione.