Poco più di un anno fa il Milan ritornava tra le grandi d'Europa. Non per risultati sportivi conseguiti sul campo, ma per una campagna acquisti faraonica con più di duecento milioni immessi nel mercato. Era il nuovo corso dei cinesi: i tifosi milanisti sognavano lo scudetto, i tifosi avversari si preoccupano giustamente per i tanti investimenti. A distanza di quasi più di un anno, cosa è veramente cambiato?

Dal punto di vista dei risultati poco o niente. Nonostante le ottime prove e i tanti punti incamerati negli ultimi mesi con Gattuso, la compagine rossonera è, per il momento, fuori dall'Europa che conta. Davanti a lei, escluse le due dominatrici Juventus e Napoli, ha ancora i cugini sportivi (e geografici) dell'Inter e la rivelazione Lazio. Squadre che hanno oggettivamente speso forse 1/5 di quanto investito dalla compagine milanista. 

Un cambiamento, però, ancora più marcato si riscontra negli equilibri societari. All'avvento del nuovo presidente cinese Li, addetti e non si erano scatenati alla ricerca del pelo nell'uovo: "È un prestanome" gridava qualcuno. "È Berlusconi che fa tornare i soldi dai paradisi fiscali" diceva un altro. "Questo ha i soldi, lo vedrete" speravano i tifosi del diavolo. Giunti quasi alla fine della prima stagione del Presidente, possiamo asserire che nessuno di questi addetti ai lavori aveva ragione. Li si è da subito dimostrato un personaggio fumoso, sconosciuto dalle parti europee, ma a quanto sembra sconosciuto anche dalla parte dei cinesi. Per mesi si sono rincorse voci di un suo dissesto finanziario, con il fondo Elliot pronto a impadronirsi di tutte le azioni date a garanzia del maxi prestito di 300 milioni.

Non ho le conoscenze economiche per giudicare lo stato patrimoniale del Milan. Quello che però balza agli occhi è l'inevitabile cambio di rotta sul fronte mercato. Certo, diranno i tifosi milanisti, non è che si potesse chiedere di spendere altri 300 milioni al presidente; sicuramente vero. È altrettanto vero, però, che quando una società passa da investimenti consistenti, ai vari Wilshere e Pavon a parametro 0, qualcosa che puzza deve pur esserci.
Sarà una scelta o una vera necessità dettata dalla proprietà e dalle finanze?
Mi ricorda molto la parabola di Berlusconi. Sicuramente la sua fu nettamente più vincente e nettamente più diluita nel tempo; si iniziò, però, con acquisti (molto spesso) spropositati che coincisero con altrettante vittorie, passando poi per le campagne acquisti "del Condor". Sognare Messi per poi trovarsi i vari Alex, Taiwo, Tomasson, Menez,...

Ripeto, non sono a conoscenza di scenari futuri del club rossonero e non me ne vogliano gli amici milanisti per questa digressione. Si parla infatti di interessi arabi, che sicuramente nel breve periodo possono portare molte soddisfazioni (alla lunga, ho già espresso la mia perplessità verso queste proprietà del medio oriente), ma che sono ben lontane da essere tangibili e inquadrabili. Si parla anche di un Elliot pronto a vendere al primo che passa per rientrare del credito con Li. Sicuramente la verità si trova, come sempre, nel mezzo. È inequivocabile, però, che il mercato sia un ottimo biglietto da visita nel mondo del calcio e la lancetta, ad oggi, segna quasi rosso (nero).

Voi cosa ne pensate?