Lionel Messi, probabilmente il miglior calciatore di ogni epoca: 542 gol e 245 assist in 626 presenze con la maglia blaugrana del Barcellona, ormai per lui una seconda pelle.

Tuttavia, dietro il Messi fuoriclasse del pallone si nasconde il Messi uomo, con le sue passioni, i suoi timori e le sue fragilità. Proprio a questo proposito, la Pulga si è raccontata ad America TV in una bellissima intervista, spaziando dall’infanzia alla famiglia, fino alle delusioni con la Selecciòn.

Il Mondiale in Russia?

“Ogni giorno provo a lasciarlo da parte, anche se è complicato perché è la Coppa del Mondo. Fortunatamente sono impegnato in competizioni molto importanti con il Barcellona, ​​e questo mi permette di concentrarmi sul presente e non guardare oltre. In qualsiasi parte del mondo c'è il desiderio di veder vincere il Mondiale all'Argentina”.

C'è vita oltre il calcio?

“Ciò che mi fa dimenticare tutto è la mia famiglia. L'arrivo del mio primo figlio mi ha fatto cambiare e mi ha insegnato a non concentrarmi esclusivamente sulla mia professione. Ovviamente non mi piace perdere, non mi piace pareggiare. Ma oggi la prendo in un altro modo. Ci sono cose più importanti del calcio, tutti vogliamo vincere ed essere campioni. A volte non puoi, il calcio è pieno di sorprese e non vince mai il migliore. Ho imparato a conviverci”.

Pensi mai al ritiro?

“Non lo so, non posso immaginarlo. Tutti dicono che è molto difficile, e sicuramente sarà così. Non so cosa farò una volta smesso con il calcio, dove andrò a vivere. O qui a Barcellona o a Rosario. Ad un certo punto della vita inizi a pensare. Mi piacerebbe vivere tutto ciò che non posso fare oggi a causa della mia professione”.

Come vedi l'Argentina attuale?

“Mi fa soffrire, mi dispiace vederla così com'è, piena di insicurezza. Vorrei poter tornare in futuro a Rosario e vivere come non ho potuto fare da bambino, ma sono preoccupato di essere ucciso per un orologio. Spesso da bambino uscivo e non tornavo a casa fino alle 9 di sera, ma ora sarebbe impossibile”.

 È vero che hai pianto per la finale della Copa América del 2014?  L'ultima volta che hai pianto?

“Ho pianto più volte per quella finale, meritavamo di vincere. È stato un colpo durissimo. Ho pianto di gioia quando è nato Mateo (il secondo figlio ndr)”.

Sarà la tua ultima Coppa del Mondo?

“Probabilmente sì. È ciò che sente il gruppo storico, sentiamo che potrà essere l'ultima volta che suoniamo insieme. Abbiamo raggiunto e perso tre finali negli ultimi anni e questo psicologicamente non aiuta. Questo pensiero appartiene al gruppo, un gruppo fortissimo che non è stato in grado di vincere. Ecco perché sarebbe il momento giusto”.

Desideri per il 15 luglio?

“Essere in quella finale, alzare la Coppa è quello che voglio. Ogni giorno il mio desiderio si rafforza”.

Il tuo nuovo modo di giocare?

“Ovviamente con il tempo si cresce e si impara. In passato prendevo la palla e partivo all’attacco. Oggi invece provo a far giocare di più la squadra. Non sono più così egoista vicino all'area di rigore. Continuo a correre come sempre, ma in un modo diverso”.

 

L'infanzia non è stata facile, con la questione degli ormoni...

“Quando ero piccolo mi iniettavo da solo gli ormoni, tutte le notti. Ogni giorno su una gamba diversa. All'inizio mi aiutavano i miei genitori, poi ho imparato. Era come una matita, piccola. Dopo poco tempo non ha fatto più male”.

Ha deciso molto giovane di venire a Barcellona ...

“Il fatto di venire a Barcellona non mi è costato molto. I miei fratelli erano più grandi e avevano la loro vita in Argentina. Mia sorella invece è tornata indietro con mia madre perché non si è adattata. Ero da solo con mio padre. Un giorno mi ha detto: ‘Cosa facciamo?’. Io gli ho risposto: ‘Voglio restare, sono convinto’. Avevo capito che la possibilità di diventare un calciatore importante era reale”.

 

Col senno di poi, quella scelta non fu affatto sbagliata.