"Si attende l'ok di Suning". Quante volte lo abbiamo letto e sentito durante il mercato di gennaio appena concluso? Tante, troppe, al punto da risultare quasi irrisorio e sfinente. Una cantilena ai limiti del demenziale. Premessa: il mercato di riparazione dell'Inter è un mercato a budget zero. E poco importa che Juventus, Napoli, Lazio, Roma e Milan siano state inoperose. Nessuna di queste squadre ha le lacune numeriche e qualitative che aveva e ha tuttora l'Inter, e il Milan non poteva certo tornare sul mercato dopo le palate di milioni investiti (male) in estate.

É stato riempito, ad allarme ormai rientrato, lo slot del quarto difensore centrale con il prestito gratuito di Lisandro Lopez dal Benfica ed è arrivato il jolly di centrocampo Rafinha Alcantara, fermo per infortunio da quasi un anno ma che il Barcellona è stato disposto a concedere in prestito (sempre gratuito) senza obbligo di riscatto. Ausilio e Sabatini hanno deciso di scommettere, perché di scommessa si tratta, sul duttile canterano blaugrana proprio perché consapevoli della difficoltà di arrivare ad altri calciatori senza uno straccio di euro in mano: non essendo stati in grado, nelle due sessioni di mercato stagionali, di reperire un mediano di livello come richiesto da Spalletti né un trequartista, si augurano che il figlio di Mazinho riacquisti in fretta una condizione fisica accettabile per sopperire alle carenze di qualità e soluzioni in più zone di campo. Ma scommettere si è reso di fatto obbligatorio: certezze in prestito gratuito non esistono.

Ciò che lascia letteralmente perplessi è la scelta di andare poi a puntare tutto su Javier Pastore, sapendo fin da subito che il PSG sarebbe stato disposto a lasciarlo partire solo a titolo definitivo o quanto meno in prestito molto oneroso con obbligo di riscatto. I direttori infatti hanno ricevuto da Suning il diktat di realizzare operazioni senza il minimo dispendio economico per non appesantire la situazione FFP in vista del prossimo giugno, ma nonostante questo le cene e gli incontri in hotel con il procuratore del "Flaco", Marcelo Simonian, sono proseguiti per giorni, con due obiettivi: uno, far leva sulla volontà dell'argentino di giocarsi le sue chance di convocazione al Mondiale in Russia per convincere lo sceicco Nasser Al Khelaifi a concedere il prestito all'Inter, l'altro, ammorbidire la posizione di Suning affinchè sborsasse il necessario per strappare il prestito con obbligo di riscatto. Ma Zhang non ne ha voluto sapere, nessun margine per impegnarsi in operazioni onerose. Dall'altra parte, il PSG non ha mai aperto al semplice diritto di riscatto. Inutile dire che l'immagine di Suning esce danneggiata da questa non-trattativa, e il rischio è che alla lunga ne possa risentire anche la credibilità in sede di mercato tra gli addetti ai lavori. 

Con i prezzi che circolano nel mercato attuale, il mancato arrivo di Pastore per una cifra complessiva di 25 milioni appare un'occasione persa soprattutto al netto della scarsa qualità individuale della rosa. L'operazione sembrava a un punto di svolta quando all'esposizione mediatica dell'argentino si sono aggiunte le aperture dello sceicco ("è una cosa tra noi e loro") e di Emery, segno di un lavoro diplomatico importante in primis di Sabatini, però la proprietà cinese ha posto il veto: nessuno sforzo, come se dopo quello realizzato per Dalbert sia stato imposto l'autofinanziamento più stretto. Notoriamente, i cinesi non hanno grande flessibilità imprenditoriale ed è evidente che questo immobilismo sul mercato faccia parte di un piano mirato. Discutibile, ma una scelta strategica che in ottemperanza del settlement agreement non prevede investimenti a gennaio e impegni economici successivi.

Suning, però, è responsabile del mancato completamento della rosa in estate e lo è più gravemente adesso. Perché dopo aver fatto di testa propria nell'estate 2016 con risultati che dire negativi è un eufemismo, ne ha fatto pagare le ripercussioni all'area tecnica, ha messo il proprio allenatore nelle condizioni di dover compiere un mezzo miracolo affinchè l'Inter si qualifichi in Champions League e sta tenendo una linea continua di assenza ed errori comunicativi. Nessuno mette in dubbio che Suning abbia salvato l'Inter, acquisendone la maggioranza, da una situazione economica drammatica, e che abbia anche rifiutato importanti offerte come quella di 65 milioni dal City per Skriniar, ma se le risorse sono limitate e per certi versi nulle è doveroso chiarirlo da subito a stampa e tifosi stando alla larga da slogan a effetto boomerang quali il ridicolo "andiamo a comandare" proferito da Zhang jr. in occasione della cena di Natale. Rebus sic stantibus, adottare un basso profilo è l'unica soluzione: se autofinanziamento dev'essere, qualsiasi siano i motivi, questo tira e molla tra austerity e false illusioni a corrente alternata è semplicemente straziante e ingeneroso nei confronti di tifosi encomiabili che pazientano da 7 lunghi anni.

Nel caso della vicenda Pastore, se anche la politica societaria è quella dell'autofinanziamento, non è chiaro quale sia il problema nell'anticipare un esborso (manifestamente necessario, a livello di benefici sportivi) dal quale rientrare entro il 30 giugno mettendo extrema ratio in conto una cessione, che non si sarebbe resa obbligatoria se l'esborso avesse fruttato la certezza di un piazzamento Champions. Detto che anche vendere un pezzo grosso non è mai un dramma, certo poi bisogna saper reinvestire bene la cifra incassata. Se questo non succede, è evidente che l'Inter per Suning è una delle tante aziende, un veicolo per il proprio marchio nel mondo, al pari dello Jiangsu: prova ne sia la resistenza nel trasferire Ramires a Milano, con una soluzione per rispettare i paletti UEFA che, volendo e muovendosi in anticipo, si poteva trovare.

Questo clima surreale di incertezze viene riflesso inevitabilmente anche sull'area tecnica: se, da un lato, Sabatini e Ausilio avrebbero meritato un plauso se fossero riusciti a portare a casa un calciatore del calibro di Pastore nelle condizioni di un budget inesistente con cui operare, da un altro lato è assurdo che Brozovic sarebbe oggi un giocatore del Siviglia se Spalletti non ne avesse bloccato la cessione dal momento che non c'era la minima certezza di sostituirlo. Situazione analoga a quella estiva quando vengono ceduti Medel e Murillo senza avere in mano un nuovo difensore centrale al punto da dover recuperare un Ranocchia fuori progetto. Quello che traspare è dunque mancanza di programmazione, improvvisazione.

Nell'arco di un anno, senza dubbio, la considerazione di Suning agli occhi di tifosi e addetti ai lavori è nettamente ridimensionata. Quanto meno, al netto dell'ottimo lavoro extra campo svolto, una sessione di mercato decisiva per l'accesso in Champions League e per aiutare il proprio allenatore, condotta con questa approssimazione, non è quello che i tifosi si aspettano. Ora la parola torna al campo, l'ambiente deve subito ricompattarsi per raggiungere un obiettivo, numeri alla mano alla portata, resosi più complicato di quanto già non apparisse a inizio stagione. Ottenere la agognata qualificazione quindi, per riassaporare aria di vertice e poter finalmente assistere al mercato di Suning con la Champions. Senza più alibi. Senza aspettare, invano, "l'ok di Suning".