Per un vero appassionato di calcio come il sottoscritto non c’è nulla di più gratificante e soddisfacente del potersi confrontare, di tanto in tanto, con la propria ristretta cerchia di amici competenti in materia, chiacchierando ed analizzando (con la dovuta leggerezza) i temi più caldi della stagione in corso.
Ma il calcio, ormai, rappresenta uno sport diffuso in modo così capillare che spesso, con grande stupore, mi sono ritrovato a discuterne anche con persone apparentemente disinteressate all’argomento o, comunque, non propriamente in grado di ragionare in maniera oggettiva, sincera, matura. Un compromesso accettabile, dal mio punto di vista, purché se ne parli. Ma non può (e non deve) essere sempre così. Per quanto possa assecondare le svariate inesattezze (mascherate candidamente da opinioni personali) di questa categoria di soggetti, esiste un argomento sul quale non sarò mai abbastanza pronto psicologicamente a transigere. Un’ingiustizia che si è resa perpetua per troppo tempo e che, purtroppo, non ha possibilità di cessare.

“Massima pena detentiva, che dura tutta la vita del condannato”E’ questa la definizione più appropriata, per esprimere ciò che penso, di ergastolo. Lo stesso ergastolo ideale che, da circa 12 anni a questa parte, sta scontando la Juventus.

Ma procediamo con ordine.
Tutti sanno che, nel lontano 2006, lo scandalo Calciopoli fece pesantemente breccia nella stabilità e nella purezza del campionato italiano, così come tutti sanno che il principale indiziato per l’evidente illecito sportivo messo in piedi fu Luciano Moggi. Il risultato? Proprio la Vecchia Signora, club per cui il discusso dirigente prestava servizio, si vide non solo revocato lo scudetto conquistato nella stagione 2004-2005, ma anche il titolo relativo alla stagione successiva 2005-2006. Ciliegina sulla torta per il club torinese, infine, è stata l’immediata retrocessione in Serie B, dove la compagine bianconera avrebbe dato il via alla nuova annata partendo da ben 30 punti di penalizzazione. Una sanzione ineccepibile ed incontestabile per una serie di atti che, di fatto, hanno provveduto a falsare clamorosamente il torneo. L’aspetto sul quale mi piacerebbe soffermarmi, tuttavia, anche a costo di risultare eccessivamente pignolo e bigotto, è tanto immorale quanto le azioni commesse dall’allora dirigenza in carica.

Sono trascorsi più di 10 anni dall’ufficializzazione della condanna per la Juventus, una condanna che lo stesso club, sulla carta, avrebbe già dovuto smettere di scontare da tempo. Eppure non è così. Perché se sulla carta i bianconeri, tralasciando i vari ricorsi susseguitisi nel corso degli anni, hanno tacitamente accettato di rinunciare a ciò che ingiustamente avevano guadagnato, nella realtà dei fatti esiste ancora un’eco (tangibilissima e semplice da percepire) che accompagna costantemente, oserei dire al pari di un’ossessione, la Vecchia Signora
Inaccettabile. Inaccettabile come, nel 2018, si possa anche solo immaginare che il club torinese, in grado di dare vita onestamente ad una vera e propria corazzata calcistica riconosciuta in ambito internazionale, possa ancora aver bisogno di servirsi di sporche “scorciatoie” del genere per risultare competitiva.
Eppure, puntualmente, nonostante l’elevatissimo livello dell’organico bianconero, nonostante l’evidente abilità nella gestione del marketing e dell’intero brand Juventus, nonostante una netta superiorità calcistica dimostrata attraverso la conquista degli ultimi 6 scudetti, ecco cosa accade costantemente: “La Juve ha vinto solo grazie agli aiuti dell’arbitro, chissà cosa gli avranno promesso!”“Tutto troppo condizionato, i poteri forti vogliono che sia la Juve a dominare!”, “Se la Juve è così forte in Italia, come si spiega che in Europa non riesce a dominare?”.

Sottolineate tranquillamente la mia presunta ingenuità in merito, che io tradurrò altrettanto tranquillamente come “capacità di slegare qualsiasi valutazione da tifo personale o da semplice invidia”ma trovo che tutto questo sia irrispettoso.
Irrispettoso verso una grande società che, dopo aver toccato il fondo, è stata in grado di compiere una risalita spaventosa verso la massima serie e che, soprattutto, ha ripetutamente zittito quelle insistenti voci in malafede. 
Senza successo, purtroppo, perché il proprio passato è stato rapidissimo a trasformarsi in pregiudizio e, successivamente, in radicata convinzione di massa.
Segno, dunque, che la Juventus dovrà continuare a sudare le proverbiali “sette camicie” per tentare, qualora questo rientri tra i propri obiettivi a lungo termine, di placare l’opinione pubblica.
Magari, in questo senso, potrà giocare un ruolo chiave (e lo sta già facendo) l’introduzione del VAR, supporto tecnologico studiato appositamente per rendere le decisioni arbitrali più chiare e trasparenti possibili.
Ma che nessuno si faccia strane illusioni: forse, a Torino, avranno già scoperto come aggirare anche questo ostacolo...