Nonostante il dominio indiscusso nelle competizioni nazionali, due finali di Champions negli ultimi tre anni e un fatturato in continua crescita, è piuttosto singolare rilevare un certo scetticismo nell'ambiente bianconero nei confronti della dirigenza juventina.  

Probabilmente non risulta ancora del tutto smaltita la delusione post Cardiff, con una Juventus che proprio non riesce a ribaltare un trend negativo che ormai dura da tanto, troppo tempo. Ma i numeri contano più delle parole e, in questo caso, sono l’evidenza di una Juventus che preferisce essere protagonista soprattutto in Italia, con una politica che predilige pescare in Serie A i suoi uomini chiave, a cominciare dall’allenatore.
Ma il calcio è uno sport  mondiale e l’Italia, sebbene rimanga un riferimento in quanto a tattica, non fa più scuola da tempo. Nell’Olimpo del calcio ci si ricorderà del Milan di Sacchi, del triplete di Mourinho, ma, ahimè, pare che non ci sarà spazio per la Juve di Allegri.
I bianconeri escono da Cardiff con le ossa rotte, i protagonisti ammettono che qualcosa ancora gli manca per giocarsela alla pari con le grandi (e non è solo una questione di soldi), ma al tempo stesso, promettono che vorranno riprovarci a Kiev.

La società bianconera fa le sue valutazioni e decide che Allegri è il punto fermo da cui ripartire. E fa niente se questa scelta comporta la rottura con un certo Bonucci, “agevola” la partenza anticipata da parte di Dani Alves e, probabilmente, non cancella del tutto alcuni malumori all'interno dello spogliatoio, soprattutto per il modo "sparagnino" di gestire le gare da parte del mister.
Marotta, da parte sua, rivendica l'autonomia di fare scelte senza farsi condizionare dalla "piazza": sacro santo. E lo dimostra anche quando decide di pagare 12 milioni per un giocatore in scadenza,  tutt'altro che affidabile, dai limitati mezzi tecnici e carente di personalità (che addirittura si evita di farlo esordire allo Stadium per paura di "bruciarlo").

Nemmeno il mercato convince più di tanto: sembrava orientato a soddisfare il nuovo disegno tattico di Allegri (4231), ma evidentemente, in corso d’opera, ci si è accorti che con la contemporanea assenza di Bonucci e Dani Alves, necessita di un uomo in più a centrocampo.
Insomma, un mercato più improvvisato che programmato, per non parlare di Spinazzola o di Schick che, al netto della sua idoneità fisica (e della rinomata flemma di Allegri nel inserire i nuovi in campo) forse meritava di essere aspettato. 

Queste premesse, probabilmente, sono tutt’altro che rassicuranti e generano un po’ di scetticismo fra i tifosi (ma anche fra gli addetti ai lavori). In fondo, con le milanesi finalmente competitive, quest’anno nemmeno lo scudetto sarà così scontato, anzi... 
Ma Marotta riparte da Allegri e la sua voglia di conquistare le battaglie con le catapulte partendo dalle retrovie piuttosto che andare all’attacco con l’ariete, di “gestire” la gare piuttosto che “giocarle”, radicato ad un'idea di calcio lontana anni luce dagli standard (vincenti) europei.