In Svezia esiste una squadra atipica, formata da giocatori lontani anni luce dallo stereotipo dello svedese biondo e con gli occhi azzurri (a dirla tutta, neppure Ibrahimovic lo è) e che sta anno dopo anno diventando sempre più forte.
La storia del giovanissimo Dal Kurd FF prende vita nel 2004, grazie all'opera di nove rifugiati curdi fuggiti dall'Iraq verso la Svezia - più precisamente nella piccola città di Börlange, duecento chilometri a nord di Stoccolma - con la speranza di dare un futuro migliore ai propri "fratelli etnici". La denominazione della squadra richiama subito alla mente la martoriata popolazione dei curdi, stanziata pressappoco in una zona corrispondente a parte dell'Iraq, dell'Iran, della Siria e della Turchia, e da secoli osteggiata dalla maggioranza di questi popoli per biasimevoli motivi culturali e sociopolitici. 

Nato con lo scopo di fornire un "appoggio" sociale ai rifugiati curdi in Svezia, soprattutto tra i più giovani, il Dalkurd è cresciuto a dismisura ed in brevissimo tempo, sia economicamente che sportivamente: ha totalizzato infatti 7 promozioni, di cui ben 5 consecutive, raggiungendo quest'anno per la prima volta nella sua storia la Allsvenskan, il massimo campionato svedese, il tutto condito dall'entrata in società (col 49%) di due imprenditori milionari curdi, i fratelli Sarkat e Kawa Junad, che in futuro non faranno di certo mancare il proprio sostengo in denaro.

Per capire l'importanza e l'impatto che questa squadra ha avuto non solo nei confronti dei curdi presenti in Svezia, ma anche verso quei milioni sparpagliati nel resto del mondo, basta dare un'occhiata al profilo Instagram della squadra, che, il giorno dell'ufficialità della promozione in Allsvenskan, è stata letteralmente tempestata di foto di curdi impazziti di gioia e festanti con le bandiere del Kurdistan, proprio come se a vincere fosse stata una vera e propria Nazionale. Una Nazionale che esiste solo nei cuori di questa gente, non sulle cartine geopolitiche.

A livello politico, poi, i trionfi del Dalkurd hanno avuto un eco inimmaginabile, soprattutto dopo le dichiarazioni del capitano della squadra Peshraw Azizi, svedese ma con chiare origini curde e figlio di un ex combattente Peshmerga, nome dei "guerriglieri che guardano la morte in faccia": "Mio padre è stato per anni in prima linea a fianco dei Peshmerga contro l'esercito di Ankara e io ora continuo la sua battaglia, ma su un campo di calcio e non in guerra." A testimonianza che il calcio, a volte, non è solo un gioco.

La parte più incredibile di questo racconto deve ancora arrivare.

Quanto fatto in questi anni dal Dalkurd sarebbe stato cancellato se il 24 marzo 2015 la squadra si fosse imbarcata sull'aereo Germanwings 9525, precipitato sulle montagne francesi per mano dello scellerato copilota, causando la morte di tutti i passeggeri a bordo. I calciatori, protagonisti di uno stage in Catalogna, avrebbero dovuto prendere proprio quell'aereo, ma il ritardo li spinse a separarsi e a raggiungere la Svezia su tre aerei diversi, salvandosi così inconsapevolmente dal disastro.

Grazie a questo fortuito episodio, i curdi di Svezia possono ambire a realizzare il loro sogno nel cassetto: sfidare una squadra turca nelle coppe europee, vendicandosi così delle angherie e dei soprusi che per secoli un popolo intero ha dovuto subire sulla propria pelle.