È il 14 novembre 2014 quando Erick Thohir esonera Walter Mazzarri e richiama Roberto Mancini sulla panchina dell'Inter.

Il tecnico di San Vincenzo, forte del rinnovo firmato fino al 2016 appena 6 mesi prima, sparisce dai radar fino alla scadenza del contratto, quando firma per il Watford di proprietà dei Pozzo.
L'esperienza inglese è uno sfizio di Walter, che, nei mesi precedenti la firma, spende gran parte del tempo Oltremanica per imparare la lingua anche se il risultato si rivelerà esilarante in occasione della sua presentazione.

A Vicarage Road, Mazzarri si presenta fin da subito con il suo inseparabile 352: punta su una delegazione di fedelissimi ex Napoli composta da Britos, Behrami e Zuniga, si affida all'esperienza dell'ex Tottenham Etienne Capoue e attinge dal mercato italiano per prelevare Roberto Pereyra e Stefano Okaka seguiti dall'arrivo di Mauro Zarate nella sessione invernale. Il reparto offensivo è di buon livello, potendo vantare tra le proprie fila anche Troy Deeney, Odion Ighalo e M'Baye Niang.
La stagione degli Hornets parte alla grande, di fatto assicurandosi la salvezza già al termine del girone d'andata, poi però a obiettivo raggiunto il rendimento della squadra subisce un netto calo che porta alla separazione di fine campionato (anche a causa della difficoltà di Mazzarri nel parlare fluentemente la lingua).

Ed ecco che 7 mesi dopo si aprono per l'allenatore toscano le porte del Toro, attualmente al decimo posto in classifica a pari merito col Milan.
Mazzarri, al Torino, sembra l'uomo giusto al posto giusto, chi meglio di lui può risollevare e valorizzare una squadra di buon valore che ad oggi non ha il peso del blasone che lo ha schiacciato all'Inter?

Lo dice la carriera di Walter, una carriera che lo ha visto ottenere 3 salvezze consecutive con la Reggina (dal 2004 al 2007, con la nota di merito della stagione 2006-07, che ha visto gli amaranto partire dai 15 punti di penalizzazione post-Calciopoli, senza i quali sarebbero entrati in Intertoto) e un piazzamento UEFA unito a una finale di Coppa Italia, persa ai rigori contro la Lazio, nel biennio alla Sampdoria.

Ma è nei 4 anni a Napoli, dove porta alla massima espressione "i tre tenori" Hamsik, Lavezzi e Cavani, che Mazzarri tocca il punto più alto della carriera: centra la qualificazione in Europa League il primo anno (da subentrato) e la qualificazione in Champions League il secondo. Il terzo, vince la Coppa Italia dopo aver disputato un'ottima Champions League avendo la meglio ai gironi sul Manchester City di Mancini e venendo eliminato agli ottavi dal Chelsea di Di Matteo, che si laureerà poi Campione d'Europa, costretto a rimontare a Stamford Bridge il 3-1 del San Paolo. Il quarto e ultimo, riporta il Napoli in Champions passando per il secondo posto in campionato migliorando record di punti e piazzamento (terzo) della stagione 2010-2011.

All'Inter, nel bel mezzo della complicata transizione societaria Moratti-Thohir, conduce una stagione 2013-2014 di discreto livello date le premesse: porta la disastrata squadra reduce dal nono posto di Stramaccioni al quinto posto valevole per l'accesso in Europa League, una squadra aggrappata totalmente a Rodrigo Palacio che vantava un 11 titolare composto dal trittico di difesa Ranocchia-Juan Jesus-Campagnaro, con Rolando, da lui proposto come difensore di riserva low cost, tra i più positivi, Jonathan e Nagatomo sulle fasce, e i soli Guarin, Ricky Alvarez (per la prima metà di stagione a buonissimi livelli) e un Icardi alle prese con problemi fisici per tutto il girone d'andata, a supportare El Trenza.
Se poco gli si può rimproverare a livello di risultati nel suo primo anno interista, alcuni gravi errori ne hanno macchiato indelebilmente l'avventura: la gestione di Zanetti, che, al rientro dall'infortunio, si vede privato della possibilità di giocare il suo ultimo derby prima del ritiro, episodio questo che crea una frattura insanabile tra tecnico da una parte e tifoseria e senatori argentini (Samuel, Cambiasso e Milito, a cui non verranno rinnovati i contratti in scadenza al termine della stagione) dall'altra; l'ostinazione nel richiedere un calciatore che si incaricasse di battere punizioni e angoli, individuato in Hernanes, che indirettamente porterà nella stessa sessione di mercato Radja Nainggolan, seguito da tempo, alla Roma; la fatica nel trovare una collocazione tattica a Kovacic, invocato dai tifosi, a vantaggio di Guarin e Kuzmanovic, anche se poi nè Mancini nè il Real Madrid ci riusciranno.
Il secondo anno interista parte così con presupposti fallimentari da un punto di vista tecnico e ambientale a causa del povero mercato estivo condotto e del fatto che Mazzarri si trovasse in realtà in una piazza manifestamente non adatta a lui -come del resto successo a tante valide personalità annientate dal tritacarne nerazzurro (penso all'ottimo, seppur a tratti irritante nelle continue esternazioni anti-Inter, Gasperini)-: parte della stampa non disdegnerà infatti di riservargli un trattamento ostile spesso e volentieri.

Ma ora Walter ha metabolizzato quel traumatico esonero di oltre 3 anni fa ed è pronto a tornare nel suo campionato: quella Serie A che gli ha regalato soddisfazioni importanti.
Il materiale umano che avrà a disposizione sotto la Maratona (si pensi al trio offensivo Iago-Belotti-Ljajic, all'esperienza di De Silvestri e Ansaldi, quando rientrerà dall'infortunio, sulle fasce, a Rincon, prototipo ideale del centrocampista mazzarriano, all'esperienza e affidabilità di difensori come Burdisso e N'Koulou a protezione dell'ottimo Sirigu) non è di tanto inferiore a quello con cui aveva dovuto fare i salti mortali per ottenere un piazzamento europeo in nerazzurro.

Mazzarri ha chiesto e ottenuto garanzie dal presidente Cairo prima di firmare e con un girone di apprendistato in vista della prossima stagione, un paio di sessioni di mercato intelligenti e oculate e una partenza a fari spenti, potete scommetterci: Walter Mazzarri avrà la sua rivincita.