L'11 settembre 1973, in piena Guerra Fredda, il generale militare cileno Augusto Pinochet prese il potere in Cile con un colpo di stato che rovesciò il presidente eletto Salvador Allende, considerato il faro della democrazia in Sud America.

Il presidente americano Richard Nixon e Henry Kissinger avviarono le trame segrete della CIA contro il governo socialista di Salvador Allende appena una settimana dopo le elezioni cilene del 4 settembre 1970: Nixon aveva economicamente affamato il Cile, imponendo gravi sanzioni commerciali e tagliando tutti gli aiuti stranieri alla nazione sudamericana, mentre la CIA agì destabilizzando nell’ombra il governo Allende che venne abbattuto facilmente. Così gli USA aiutarono l’ascesa di Pinochet.

Pinochet, capitalista convinto, affermò brutalmente il suo dominio. Qualsiasi dissidente politico venne annientato con estrema violenza dalla nuova Junta Militar e il dittatore trasformò l’Estadio Nacional di Santiago in un centro di detenzione per tutti gli oppositori. Durante i primi mesi del suo governo, migliaia di cittadini scomparirono nel nulla.

Novembre 1973. Cile e URSS devono giocare lo spareggio per la qualificazione alla Coppa del Mondo ‘74 in Germania Ovest, vinta poi dai padroni di casa contro l’Olanda di Johann Crujiff. L’andata a Mosca finisce 0-0, ma l’Unione Sovietica si rifiuta di recarsi in Cile per la partita di ritorno (prevista per il 21 del mese), perché lo Stadio Nazionale è “macchiato dal sangue del popolo cileno”. Ed hanno ragione: lo stadio è ormai diventato un campo di concentramento.

L'URSS chiede quindi alla FIFA di spostare il match e di giocarlo in campo neutro. La FIFA invece invia una delegazione di ispettori a Santiago. I militari di Pinochet hanno già rinchiuso i prigionieri in celle sigillate, minacciandoli di morte in caso di schiamazzi in presenza della delegazione FIFA.

Gli ispettori FIFA in sostanza dichiarano "OK gente, andiamo via, non c'è niente da vedere qui". È un fatto inquietante che getta ulteriori ombre sull’operato dell’ex presidente del maggiore organo calcistico mondiale Joao Havelange e sul suo modo di gestire l’organizzazione.

La FIFA quindi dichiarano che lo stadio è idoneo, si deve giocare a Santiago. I sovietici non ci stanno e rinunciano al Mondiale.

E così si verifica la farsa più macroscopica della storia del calcio: nonostante la vittoria a tavolino, la nazionale cilena è costretta a scendere da sola in campo davanti a 20.000 spettatori, e a portare la palla in porta per vincere ufficialmente la partita. L’ordine governativo ha stabilito che la rete del successo simbolico deve essere messa a segno dal capitano, Francisco Valdes (idolo del Colo Colo, il club più titolato del Cile) e così accade, al termine di un’azione tragicomica.

Tra i calciatori cileni, c’era chi meditava il gran rifiuto. Carlos Caszely, uno dei migliori cileni della storia, voleva calciare la palla fuori dal rettangolo di gioco. Ma non lo fece. In futuro si rifiuterà di dare la mano a Pinochet in un incontro pubblico. E altri compagni di squadra poi vomiteranno negli spogliatoi per il disonore.

L’anno dopo, il Cile va ai Mondiali, l’Urss resta a casa. E il calcio ne esce profondamente sconfitto.