Il calcio ormai è cambiato. Nell'era dell'internet, dei social, dei post, dei tweet, e chi più ne ha più ne metta, si scrivono articoli sul nulla e si vende l'immagine del giocatore prima ancora della sua capacità in campo, trascurando fin troppo esageratamente la componente "persona". Chiariamoci, non c'è da prendersela se Paul è andato via; non c'è da prendersela se sulle spalle del francese qualcuno in società ha pensato bene di assegnare la numero 10: per ragioni di marketing le magliette sono andate a ruba, ed il prezzo che si è potuto strappare in fase di trattativa con lo United, anche per questa ragione, può dirsi equo, se non addirittura elevato. Non per niente Paul Pogba è il giocatore più pagato nella storia del calcio, almeno al lordo della cifra monstre di 105 milioni più altri 5 di bonus (tra l'altro bonus fattibili, sembrerebbe). Oggi però c'è una grande occasione: unire le ragioni del marketing a quelle proprie dei tifosi di razza, magari di vecchia data, che vorrebbero la maglia numero 10, quella di Platini e Del Piero (e non certo qualcuno si ricorderà di Pogba, onestamente), essere indossata da un uomo vero, un uomo squadra. Barzagli rappresenta la sintesi di un professionista impeccabile dentro e fuori dal campo. Interventi sempre precisi, prestazioni al top da anni lo hanno reso sorprendentemente uno dei difensori più forti del mondo, con un riscatto di orgoglio da quella Germania che non è stata evidentemente la casa giusta per esplodere. C'è poi da dire che è Barzagli che ha preso in mano la squadra e la difesa, predicando calcio e facendo sentire a proprio agio tutti gli altri. Prima ancora del regista Bonucci, è con Barzagli che i compagni di reparto si sono sempre espressi meglio, poco importa se nella difesa a 3 o a 4. Mai una sceneggiata, mai una rissa, proteste nemmeno troppo plateali. Fuori dal campo? Un simbolo di maturità. Si espone giammai in episodi di imbarazzante cronaca, ma solo in interviste sempre lucide; si commuove se la nazionale esce dall'europeo nonostante fosse la più scarsa degli ultimi anni. Contro la Germania, Barzagli ha detto che nessuno si sarebbe ricordato di quella Italia eliminata ai rigori dai tedeschi ai quarti. Ciò potrà anche essere vero, ma tutti ci ricordiamo e ricorderemo della commozione di un uomo che ha dato e dà l'anima, sempre, a prescindere dall'impegno, e sia che indossi una maglia particolare come quella azzurra della nazionale, sia che nel club giochi contro la Pro Vercelli. E' del resto un uomo, Barzagli, non impegnato nell'attaccarsi ad un suo numero particolare, mentre altri giocatori juventini come Dybala o Higuain possono essere riconosciuti proprio dal numero che già indossano. Perché quindi cambiare? Il 9 di HIguain o il 21 di Dybala sono già fortemente rappresentativi, mentre lo stesso Marchisio sembra aver fatto del suo 8 un'icona di camaleonticità tattica nel centrocampo. Buffon è il numero 1, il suo numero simboleggia la sua stessa superiorità su ogni portiere della faccia della terra. Ogni ragione suggerisce l'asegnazione della numero 10 a Barzagli. L'anomalia quindi? Si tratta di un difensore. Come qualche anno fa all'Arsenal, è assolutamente inusuale assegnare la maglia numero 10 ad un componente del reparto arretrato. Ma questo stesso punto può essere una soluzione di forza: le vendite delle maglie dei compagni potranno cavalcare la propria onda; quelle sulla nuova 10 di Barzagli potranno invece impennarsi, proprio in virtù di essere indossata da questo grande giocatore, che gli stessi tifosi potranno riscoprire ancora una volta.