Parafrasando un celebre un celebre film di Troisi, si può dire che “pensavo fosse amore… invece era Raiola”. Mino Raiola, un potente procuratore dei calciatori, coprotagonista di una vicenda calcistica unica.

E’ la vicenda di Gianluigi “Gigio” Donnarumma, portiere del Milan. Un diciottenne di enormi prospettive, alto più della media di un portiere, educato più della media dei ragazzi della sua età, dolce come il figlio che tutti vorrebbero, ma anche grintoso - come la vita vuole - nei finali roventi di partita. A Torino, dopo Juventus-Milan sembrava un indemoniato: contro l’arbitro, contro gli avversari, contro il cielo che non era stato benevolo. E’ lì che Gigio baciò la maglia: un gesto di simbolico giuramento per i più, un gesto invece dovuto all’età e all’esaltazione del momento per altri.

Era il sogno di ogni tifoso del Milan, Donnarumma, e il “pilastro” su cui costruire il nuovo Milan, diceva la società rossonera, prima di quel giorno in cui rifiutò il contratto di rinnovo, ovvero quando Raiola si presenta all’appuntamento con la società Milan e nel giro di mezz’ora sbatte sul tavolo il suo “no”.

Era l’inizio della guerra dei due mondi: da una parte quello di Raiola-Donnarumma, legata a ragioni all’oggi oscure e dall’altra quello dei tifosi rossoneri dovuta a un amore tradito e fuggente. Alla fine, come sempre, perdono i tifosi. Quei tifosi che ancora credono alle promesse, in un mondo che non crede più a nulla, se non alla realtà dei risultati agonistici e sportivi, anche conditi e surrogati da copioso denaro.

E l’ex amato “Gigio” non parla. Ordini di una fine strategia piovuta dall’alto gli impongono di tacere.

Parla il suo agente, Raiola. Lo fa a Montecarlo, città eletta a capitale dei suoi summit e meeting sul Milan e Donnarumma. Raiola parla, ma nessuno capisce perché niente chiarisce. “Il clima creato dal Milan, non era sereno”, “Troppa fretta”, “Minacce al giocatore: se non firmi non giochi”, “Minacce alla famiglia”. Eppure il discorso contratto era in ballo da mesi. C’era stato il tempo. E c’era stato il summit tra Raiola, Donnarumma e la famiglia. Dunque, cosa si doveva aspettare? Una società che ha dimostrato di muoversi con celerità per presentare a luglio un rosa importante e senza spine, doveva fermarsi ad aspettare il suo stelo? E poi le minacce, con un contratto di quasi 5 milioni all’anno per 5 anni e la fascia di capitano sul tavolo.

Raiola, il grande maestro della procura calcistica, sembra essersi arenato in una posizione scomoda: adesso si trova in mezzo al guado con il suo assistito, per il quale non si conoscono altre offerte oltre quella del Milan. Torneranno i due sulla terraferma rossonera, oppure vorranno avventurarsi lì dove un ragazzo di diciotto anni potrebbe non avere certezze? Sì, perché in queste ore si parla di apertura, di ripensamento; parenti, amici e conoscenti si pronunciano per Gigio, il Donnarumma, l’unico che non parla. Mentre si fa il mercato del Milan, che prima era lanciato e adesso cammina a strappi, Gianluigi Donnarumma gioca con l’Under 21 agli Europei in Polonia. Si dice, si pensa, si crede che voglia rimanere al Milan.

Meglio che Gigio parli, cominciando a fare a meno di un procuratore che si è arrogato il diritto di esercitare la parte del tutore. E che fermi comunque questa maledetta porta girevole, che non concede nessun vantaggio né a lui né al “suo Milan”. Stop ai giri di rumba. Prima che la musica muoia su un disco rossonero rotto.

Danilo Stefani