Se vivessimo di soli numeri, di statistiche e di previsioni in percentuale, smetteremmo progressivamente di percepire il calcio come quel brivido che s'incendia e ci consuma dentro. Sparirebbe la pelle d'oca, l'eccitazione che accompagna l'attesa, la dedizione nella coreografia e tutto il sacrificio di chi si spende per agitare in ogni angolo della Terra i vessilli coi propri colori.

In questo mondo calcolatore che si esprime in stime e quotazioni non ho mai trovato un posto a sedere. Non sono mai riuscito a maturare simpatie per la brillantezza sempreverde, per i facili successi di chi trionfa contro una manifesta inferiorità, un anno dopo l'altro. Mi piacciono le storie in cui vincono gli spacciati, quelli senza speranza, le vicende che ci raccontano di una forza di volontà capace di ribaltare la supremazia reale, indiscutibile e fortificata nel tempo.

Non posso credere razionalmente al passaggio del turno della Juventus, ci voglio credere con disperazione. È come un'esigenza, un partito preso, un bisogno primordiale che ruggisce nel momento esatto in cui tutto sembra perduto. In questa penombra indecisa riesco ad intravedere cinque motivi, spinte motivazionali che mi invogliano a fomentare quella stupida idea chiamata speranza.

1- Il gioco: la prestazione dell'andata disputata all'Allianz Stadium, tolte le due amnesie difensive che potevano e dovevano essere evitate, ha evidenziato una performance d'orgoglio per i bianconeri. Si è vista un'inaspettata supremazia per lunghi tratti del centrocampo col pallino del gioco in mano all'undici di Allegri, almeno fino all'alternarsi del minuto 64 (Gol di Ronaldo) e 66 (cartellino rosso a Dybala). Come ci ricorda lo 0-3 finale non possono esserci dubbi sulla superiorità complessiva dei blancos, ma non si può stracciare e dimenticare cosa di buono c'è stato nei primi novanta minuti.

2- La squalifica di Sergio Ramos: considerata la rilevanza del capitano sul rettangolo verde sotto ogni punto di vista, tecnico e mentale, la sua assenza sommata all'infortunio di Nacho Fernandez - sostituto naturale nel ruolo - è un dettaglio di smisurata importanza. Le alternative per Zidane non danno altrettanta sicurezza in termini di esperienza, Marcos Llorente è un centrocampista che può essere adattato al sistema di gioco, la seconda alternativa si chiama Jesus Vallejo, centrale difensivo vero ma con zero presenze in Champions League.

3- Il modulo: senza esagerazioni ad ogni costo, intravedo nell'assenza di Dybala un'opportunità per Massimiliano Allegri, quella spinta decisiva verso un 3-4-3 con Pjanic,Khedira e Matuidi dietro al terzetto iper-offensivo composto da Douglas Costa, Higuain e Cuadrado, con la possibilità di passare ad un folle 4-2-4 spregiudicato togliendo un centrocampista ed inserendo Mandzukic come seconda punta. Le premesse per un ribaltone in via ipotetica sussistono, così come sussiste il grosso rischio di subire gol, paura con la quale la squadra dovrà imparare a convivere con una maturità che fino ad oggi non si è vista.

4- La mentalità: preparare le partite in cui non si ha più niente da perdere è notevolmente più semplice, per l'area tecnica e per i calciatori stessi. La pressione che ha fatto tremare le gambe a qualcuno nel match d'andata potrebbe spostarsi in chi, senza saperlo, si approccerà con una mezza consapevolezza di aver già ipotecato il passaggio del turno, instillata da un risultato rotondo, dalla proclamazione dei media e per il fatto di giocare al Santiago Bernabeu di fronte al proprio pubblico.

5- Gli episodi: presupposti i quattro punti sopra, qualora due o più di essi si avverassero realmente ho buona ragione di credere al vecchio detto che "le disgrazie non vengono mai da sole", o al più triviale "agli zoppi pedate negli stinchi". Quando qualcosa comincia a girare storto, ecco che una palla mezza e mezza, un tiro sporcato o un fallo oltre la linea dell'area di rigore potrebbe aiutare l'impossibile a diventare possibile. Si tratta di una forza sconosciuta ed inspiegabile che assume il valore di uno strano potere karmico, silente in molte partite e determinate in poche altre, capace di manifestarsi ed abbattersi spietatamente contro una sola parte in campo. Chiamarla fortuna sarebbe corretto, ma senz'altro meno poetico.

Non voglio credere alle favole, ma non posso credere che la logica vinca sempre. Il bello del calcio è anche questo.

 

MC