Juventus -Inter è Il Derby d'Italia, espressione coniata negli anni 30, quando a dominare il panorama calcistico italiano erano proprio i bianconeri di Torino e i nerazzurri di Milano. Juventus-Inter non finisce mai. Non esiste nel mondo del pallone una rivalità tanto ardente. In quei due nomi accostati l'uno all'altro c’è la storia del pallone e il suo significato, qualcosa che coinvolge non solo due squadre e due tifoserie, ma tutti. Questa rivalità ha radici profondissime, ma c’è un episodio che più di tutti ne ha forgiato le fondamenta.

Bisogna partire da molto lontano.

Campionato 1960/61.  La Juventus è la grande favorita per lo scudetto, potendo contare sul fortissimo esterno Mora e sul Trio MagicoBoniperti,  Charles, detto "il Gigante Buono", e  Sivori, l'angelo dalla faccia sporca, El Cabezon. La sfidante più accreditata è l’Inter, che non vince lo scudetto dal lontano 1954. Il presidente Angelo Moratti ha scelto per la panchina un pittoresco allenatore, Helenio Herrera, e gli ha messo a disposizione una squadra di altissimo livello, guidata da Facchetti in difesa, Corso a centrocampo e Angelillo in attacco.

L’avvio dei nerazzurri è  devastante: cinque gol a Bergamo, sei a Udine, cinque al Vicenza. Anche il Derby d’Italia sorride ai nerazzurri, che a San Siro si sbarazzano della Juve per 3-1 e un mese più tardi conquistano lo scudetto d’inverno, con i bianconeri addirittura sesti. Tuttavia la Juve inizia bene il girone di ritorno, vincendo cinque partite di fila e avvicinando l'Inter. Il 12 marzo la Juventus perde contro il Milan, ma l'Inter non ne approfitta e viene sconfitta dalla matricola Lecco. I nerazzurri incappano in quattro sconfitte consecutive e i bianconeri possono così balzare in testa alla classifica.

Il 16 aprile si gioca il big match Juventus-Inter. A Torino, un colpo di scena clamoroso: la partita viene sospesa per un'invasione a bordo campo da parte di tifosi entrati all'interno dello stadio senza biglietto; i nerazzurri ottengono in primo grado lo 0-2 a tavolino, ma la Juventus annuncia che presenterà ricorso.

Nel frattempo le milanesi (sí, anche il Milan è in corsa) si rilanciano: Milan a -1 e Inter a -2 dalla Juve. I bianconeri accusano il colpo e perdono contro la Samp. A Ferrara, l'Inter batte la Spal, raggiungendo la Juve in vetta della classifica, mentre il Milan cade in casa contro il Bari e resta a -1.  Alla trentesima giornata la Juventus vince 4-2 con il Lecco e torna da sola in testa, grazie all'1-1 tra Inter e Torino. Il Milan invece crolla a Firenze e dice praticamente addio al sogno scudetto.

Alla penultima di campionato non mancano le sorprese: la Juve perde clamorosamente in casa contro il Padova. L’Inter trionfa 3-0 sul Napoli e aggancia i bianconeri. Sembra che il campionato sarà deciso da uno spareggio-scudetto da thriller. Ma non sarà così.

Il 3 giugno, alla vigilia dell'ultima di campionato, con l'Inter e Juventus appaiate a 46 punti, la Commissione d'Appello Federale annulla lo 0-2 a tavolino e sancisce la ripetizione della gara. Le proteste nerazzurre sono veementi, molti credono che il peso politico di Umberto Agnelli abbia portato ad influenzare una decisione così importante. Fatto sta che tra Juve e Inter ci sono di nuovo 2 punti di distacco. Quei 2 punti saranno sufficienti: il pareggio 1-1 in casa contro il Bari è sufficiente, la Juventus diventa Campione d'Italia. l'Inter infatti perde 2-0 a Catania, nella partita che dà origine alla celeberrima espressione “Clamoroso al Cibali!”.

Ma Il 10 giugno bisogna comunque giocare la ripetizione di Juventus-Inter, e così il presidente Moratti mette in scena la sua singolare protesta: ordina a Herrera di lasciare a casa tutti i titolari e di schierare la squadra primavera. Tra i ragazzini nerazzurri c’è anche Sandro Mazzola, che della strana decisione di Moratti viene a conoscenza il martedì prima del match. “Per me – ricorda Mazzola – si aggiunse un problema. Il sabato avrei dovuto sostenere tre esami per completare il quarto anno di ragioneria. A casa mi dissero che lo studio prevaleva sul calcio e che a Torino non ci sarei andato. Supplicai e piansi invano. Per fortuna il preside si commosse e acconsentì a farmi sostenere gli esami di prima mattina. Un’auto della società mi aspettava davanti alla scuola per portarmi a Torino, dove arrivai giusto in tempo per giocare". La Juventus invece schiera quasi tutti i suoi campioni: Mattrel, Emoli, Sarti, Cervato, Colombo, Mora, Charles, Nicolè, Sivori, Stacchini e il trentatreenne Boniperti, che indossa un’insolita maglia numero 4 e che al termine della partita consegnerà le sue scarpette al massaggiatore, dicendo: "Tienele tu, Crova, a me non servono più. Oggi col calcio ho chiuso".

Non c’è storia: la Juve vince 9-1, Sivori segna sei gol, mentre la rete dei nerazzurri è del giovane Mazzola su calcio di rigore. Nel dopogara Boniperti spiegherà: “All’inizio eravamo un po’ imbarazzati e non avremmo voluto infierire. Ma Sivori inseguiva il Pallone d’oro, che poi avrebbe conquistato, e ci teneva a segnare il più possibile”.

Quel giorno, la rivalità cresciuta piano piano nell'ombra si è per la prima volta palesata in tutta la sua potenza. Da quel giorno Juventus – Inter non è più una partita come tutte le altre. È La Partita, e chi ne sta fuori può soltanto invidiarla.