L'Italia è un paese meraviglioso, politicamente parlando è una delle nazioni più divise e controverse che l’Europa ricordi.
Ma una cosa è certa, quando si parla di calcio i tifosi sono uguali in tutto lo stivale. Un club, una rosa e un idolo da poter ammirare e idolatrare.

C'è chi ha avuto Totti, chi Zanetti, chi Del Piero, chi Maldini e addirittura chi ha potuto adorare Armando Maradona. Tutte bandiere che hanno fatto grandi le loro squadre vincendo titoli dedicati ai loro tifosi.
Quei tifosi che si aggrappano ai loro fenomeni e li portano su un piatto d'argento, facendoli sentire vere e proprie stelle per la città in cui giocano. Spesso contraccambiano tutta la popolarità di cui usufruiscono spendendo una grande fetta della loro carriera verso società e tifosi dove hanno giocato, a volte, invece, rinnegano la squadra che lo ha cresciuto e tendono a dimenticare i propri tifosi.

Ci sono tre esempi su tutti nella nostra serie A.
Il primo è: il fenomeno, Ronaldo
L'inter per lui paga l'intera clausura rescissoria al Barcellona di 48 miliardi di lire nell'estate del 1997. Il fenomeno in 5 anni vince solamente una coppa UEFA, un Pallone d'Oro, consegnato nel novembre del '97, perciò molti meriti vanno a dove ha giocato nella stagione precedente: Barcellona. 
Dopo una pizza con Moratti e un litigio con Cuper, nell'estate del 2002 passa al Real Madrid, dove vince una coppa intercontinentale, segnando in finale, un campionato spagnolo e il suo secondo Pallone d'Oro.
Dopo 4 anni e mezzo, il fenomeno fa quello che nessuno si aspetta, passa al Milan nel gennaio del 2007. E poi la "pugnalata" nel derby vinto dall'Inter per 2-1 nel marzo 2007: lui segna alla sua ex squadra il momentaneo 0-1 del Milan. Di recente è tornato a Milano per festeggiare il 120esimo compleanno dei nerazzurri, ma come altri, per vincere ha lasciato i suoi tifosi e come ha potuto si è buttato tra le braccia degli odiati rivali.

Il secondo è l'ex per eccellenza, Zlatan Ibrahimovic.
Prima Juve, poi Inter e infine Milan,
sono le tappe di una carriera tra alti e bassi spesa prevalentemente in Italia. Ha sempre cambiato squadra, cercando sempre il classico goal dell'ex, e c'è sempre riuscito. Adorato a Torino come nuovo bomber di razza, amato a Milano come colui che lascia la Juve per vincere "tutto" con l'Inter e ammirato diavoli rossoneri come salvatore e trascinatore di una squadra a fine ciclo.
Lascerà tutte e tre le squadre senza avere mai nessun rimpianto, mentre i tifosi speravano sempre in un suo clamoroso ritorno.

Ultimo esempio è Zinedine Zidane.
Il franco-algerino approda in bianconero, alla corte di Lippi nel 1996 per 7,5 miliardi di lire. Dopo un primo periodo di adattamento il francese fa esplodere tutta la sua classe. Con i bianconeri non serve vincere una Coppa intercontinentale, Scudetto, Supercoppa Italiana e una Supercoppa europea.
Nell’estate del 2001 si promette e passa al Real Madrid di Florentino Perez dove vince tutto. Subito dimentica Torino, tanto che durante una recente partita tra vecchie glorie tra Real e Juve, il francese ha giocato quasi tutta la partita con la casacca blanca, e quando ha dovuto indossare quella bianconera, a detta dei giornalisti presenti, l’ha fatto molto mal volentieri.

L’Italia è un paese meraviglioso che trova nello sport la sua unità, ma nei suoi idoli dei veri e propri traditori pronti a dimenticare tutto l’affetto di cui hanno goduto.

Grazie

ILPARLAFUS