Pizza e birra davanti alla TV, il fiato sospeso e gli abbracci, i maxi-schermi in piazza, le bandiere sventolate dai bambini... Ahinoi, quanto ci mancherà la nostra Italia a Russia 2018, per la seconda volta nella storia esclusa dalla fase finale del Mondiale (non accadeva da Svezia 1958, ormai i dati li sappiamo a memoria)!

Nei giorni successivi alla débacle, onestamente meritata, nel Belpaese sta fomentando un clima di generale amarezza e ribellione aperta contro i presunti "colpevoli", insieme a una fame vorace di riscatto e rinascita.

IL CT E IL PRESIDENTE  FEDERALE - La punta dell'iceberg (anzi, forse un bel pezzo) della crisi porta due nomi e cognomi: Gian Piero Ventura e Carlo Tavecchio. Quest'ultimo, dopo la felicissima scelta di Antonio Conte nel biennio 2014-2016, ha puntato su un profilo più modesto e dal palmarès ben meno ricco (due Campionati Interregionali e uno di Serie C1), abituato però a far crescere i giovani e a portare quindi avanti il progetto iniziato dall'ex bianconero. Se per un aspetto la scelta si è rivelata ponderata (Ventura ha svecchiato la Nazionale e ha creato una buona amalgama di senatori ed emergenti), dall'altra il tecnico genovese si è rivelato non all'altezza di un ruolo tanto importante, dimostrandosi confuso e inadeguato nelle scelte dei titolari e nell'assetto tattico.
A pesare in particolare, lo sconsiderato 4-2-4 contro la straripante Spagna al Bernabeu (che stravinse infatti 3-0), a seguito di cui Ventura è sembrato perdere fiducia e certezze, come testimoniano i soli tre gol segnati nei successivi, e decisivi, cinque match: a proposito degli ultimi due, i play-off, l'ormai ex CT è sotto accusa per la scelta, protestata a gran voce da mezza Italia, di lasciare fuori Insigne, capace di proporre un gioco rasoterra rapido e veloce che avrebbe posto in difficoltà i rocciosi e alti difensori svedesi. Insomma, allenatore completamente nel pallone: giusto, giustissimo che non sia più CT.

Altrettanto giusto non riporre tutte le colpe in lui, ma anche in Carlo Tavecchio: è del presidente federale la scelta (anche e soprattutto economica) di Ventura, ben conoscendo la sua non eccelsa carriera e la quasi nulla esperienza internazionale. Tavecchio ha per ora rifiutato, come a gran voce ha invocato la stampa, di rassegnare le dimissioni. In sua attenuante, il tentativo di riparare alla disfatta e ripartire con il sostegno dell'ingaggio di Carlo Ancelotti CT e Paolo Maldini suo vice, uomini di calcio eccezionali che effettivamente, con la loro caratura, potrebbero sfruttare il periodo meno carico di pressioni immediate che ci attende per ricostruire e rifondare la Nazionale partendo dai giovani talenti e da un assetto tattico adatto (l'"albero di Natale" tanto caro all'ex Bayern, per esempio, permetterebbe tanto l'utilizzo di Jorginho registra e di Verratti mezz'ala, quanto quello dei numerosi esterni di cui l'Italia ora dispone - Bernardeschi, Berardi, El Shaarawy, Chiesa, Verdi e, soprattutto, Insigne). Il non apprezzamento per il Presidente Federale, poi, risiede in alcune dichiarazioni razziste e sessiste semplicemente intollerabili. Un volto nuovo, un uomo di calcio ed esperienza (Luciano Moggi ha proposto Andrea Agnelli) disegnerebbe una nuova immagina a questa cupa Italia.

I GIOCATORI - Volevamo tutti Insigne. Ebbene, parliamone: un talento capace di giocare (come anche ammesso da De Laurentiis) solo nel 4-3-3, soluzione mia adottata da Ventura. Ergo è giusto stravolgere i piani di gioco per un singolo? Conte lo avrebbe fatto? Probabilmente per nessuno, nemmeno per Messi (ed Insigne NON è Messi). È qui le responsabilità di Insigne: l'incapacità di adattarsi ad un modulo diverso, di rendersi più duttile.

Non può inoltre essere ignorato il comportamento vergognoso della squadra contro Ventura (basti pensare al messaggio tra due giocatori azzurri scoperto da "La Gazzetta dello Sport": "Adesso siamo una nave senza comandante, in mezzo alla tempesta"), che mai hanno veramente creduto nelle idee del tecnico, autogestendo è mai adottando, specie nei play-off, la serietà rigorosa di un impegno tanto importante (Paolo Pacchioni di RTL 201.5, intervistato a La7 GOLD, parlava addirittura di atleti che ridevano e scherzavano scassa dosi i selfie prima di Svezia-Italia): ecco la differenza tra Pirlo e Verratti, tra Totti e Insigne, tra Toni e Immobile...

LE GIOVANILI - Di sicuro, occorre un rinnovamento radicale, in cui a contare al primo posto è di gran lunga il risultato. Provvedendo con maggiore cura agli insegnamenti di base tecnico-tattici, ma anche all'istruzione di sani e genuini valori quali il rispetto per l'altro e l'altruismo (un nome come modello: Giorgio Chiellini). Per rendere i giovani campioni occorrono costanza, tempo e pazienza (e quindi minutaggio in campo).

Un qui inedito modello assai interessante pare essere quello dello J-Collage, Liceo Scientifico delle Scienze applicate in cui scuola e sport venivano ugualmente curati inaugurati nel 2012 è divenuto a tutti gli effetti un Liceo Sportivo nel 2014 con la riforma del MIUR.

Come dichiarato da Marotta, cresceranno grandi calciatori e calciatrici, ma prima ancora grandi uomini e donne. Si spera che questo sia solo un primo passaggio di superamento e rinnovamento. Auguri a te, nostra cara Italia!