Mino Raiola è un personaggio che non ha bisogno di presentazioni. 

Procuratore, tra gli altri, di calciatori del calibro di Pogba e Ibrahimovic, il caro Mino è l'esempio di come, partendo da una condizione non di certo agiata e da una notorietà pressoché nulla, si possa arrivare ad ottenere un potere mediatico tale da ''impallare'' letteralmente per giorni siti e pagine di blog e giornali calcistici. 

Ma perché le parole del suddetto procuratore causano tanto clamore? 
Non vi è alcun dubbio sul fatto che la potenza e la notorietà da egli raggiunte incidano moltissimo in tal senso, ma tutto ciò non basta, a mio parere, a spiegare cotanto rumore. 

Mino Raiola è un cane sciolto, pronto a ringhiare e mordere, senza guardar in faccia a nessuno, nel caso in cui gli vengano anche solo sfiorati i suoi assistiti. Giusto, direte voi, come una mamma lupa che protegge i propri cuccioli. 
Ma nei comportamenti di Raiola di giusto c'è ben poco. Mino vomita in faccia a giornalisti e stampa pensieri con una crudezza tipica di chi sa che, nel mondo del calcio di oggi, con le belle parole ci fai ben poco. 

Non è una persona stupida, il potente procuratore venuto da Nocera, anzi. 
Adotta quasi un credo di stampo Mourinhano: attaccare, attaccare e attaccare, scatenare clamore per attirare attenzione e attenzioni. In una stampa che sembra quasi pendere dalle labbra della signora polemica, Raiola fa comodo a tutti, a se stesso e ai giornalisti. 

Cura i proprio affari (è un maestro in ciò), difende i suoi interessi, dà da mangiare alla stampa: questo è Mino Raiola, il personaggio giusto al momento giusto, il quale ha intuito che per farsi largo nella giungla difendersi serve a ben poco. 

Caratterizzato sempre più da personalissimi deliri di onnipotenza (''l’Italia è fatta così. Sono 10-15 anni che cerco di cambiare le cose senza successo.''), Mino è nemico di tutti e amico di nessuno: procuratore di successo che, forse, ha capito ben prima di altri che le belle novelle, nel mondo dei mass media, non fanno abbastanza rumore.