La leggenda narra che intorno al 334 a.C. Alessandro III re di Macedonia, noto ai piú come Alessandro Magno, nella sua conquista dell’Impero Persiano abbia risolto l’enigma del cosiddetto “nodo gordiano”.
Questo aneddoto trae la propria origine dal nome di un contadino dell’antica Anatolia (Turchia) nominato re in seguito ad un colpo di fortuna e, per consolidare il potere familiare, il figlio avrebbe legato il carro sacro – simbolo del regno paterno – ad una trave attraverso un nodo indistricabile. Chiunque fosse stato in grado di sciogliere tale nodo avrebbe regnato un giorno non solo su quella terra, ma sull’intera Asia.
E chi meglio del celebre Alessandro il Grande avrebbe potuto prendersene carico? Con un colpo di spada netto tranció la corda e da quel momento – sempre secondo la leggenda – dominó l’Asia, raggiungendo addirittura gli estremi confini dell’India.

La storia personale e “calcistica” di Aleksandr Kokorin, nato in un piccolo villaggio della Russia, può essere facilmente paragonabile ad un rebus irrisolvibile, ad un vero e proprio “nodo gordiano”.
Dopo aver tirato i primi calci ad un pallone nelle giovanili della Lokomotiv Mosca, Aleksandr viene inspiegabilmente ceduto ai rivali cittadini della Dinamo Mosca senza neppure aver mai avuto l’opportunitá di esordire in prima squadra.
Pronti via, alla partita d’esordio contro il Saturn, il nostro sigla il gol del pareggio decisivo ai fini della vittoria finale dei Moscoviti, entrando di diritto nella storia come uno dei piú giovani marcatori del campionato russo. Come spesso accade, inizia da qui l’inesorabile ascesa di Kokorin, una possibile stella che i russi stanno aspettando dai tempi di Yashin. Gol a grappoli, assist vincenti, dribbling ubriacanti, record di convocazioni in Nazionale per un Under21 e tanto altro, rimpolpano il suo curriculum fino a farlo diventare uno dei prospetti piú interessanti d’Europa.
All’età di 22 anni viene acquistato dalla squadra dall’Anzhi, club del Deghestan la cui ricchezza sconfinata e le ambizioni senza freni durarono il tempo di pochi mesi: acquistato per 19 milioni di euro nel luglio 2013, Kokorin dovette fare il percorso inverso già nell’agosto del medesimo anno tornando a Mosca per la stessa cifra. Probabilmente fu un colpo durissimo per la sua carriera. Nelle stagioni seguenti si perse, si arenó, non riuscí piú ad esprimersi sui livelli soliti e pian piano uscí addirittura della roster titolare della Dinamo (non proprio il Real Madrid, ecco).

Ma un episodio cambió la sua vita, un vero squarcio di luce in una notte tempestosa, un taglio netto al “nodo gordiano” che lo bloccava psicologicamente e calcisticamente: la chiamata dello Zenit. La squadra di San Pietroburgo, oggigiorno una delle piú vincenti e famose di Russia, rigenera Aleksandr dal torpore passato.
Esordisce nientemeno che in Champions League contro le Aquile portoghesi del Benfica, agli ottavi, e gradualmemte riscavalca posizioni all’interno del pantheon calcistico russo, aiutato naturalmente anche dal blasone e dalla forza del suo nuovo club.
La svolta quest’estate arriva con la nomina ad allenatore di Roberto Mancini, che trasmette immediata fiducia a Kokorin, il quale lo ripaga con prestazioni sopra le righe e soprattutto con un numero di reti spaventoso, soprattutto pensando che il classe ’91 viene spesso proposto come ala destra, piuttosto che nel suo ruolo preferito di punta centrale.

Dopo le prime 19 partite ufficiali, i numeri parlano chiaro per lui: 17 goal, una decina di assist e innumerevoli giocate decisive in favore dell’ottimo avvio di stagione dello Zenit, sia in patria che in campo europeo. Ed é solo l’inizio, perché Aleksandr Kokorin, oltre ad essere ancora giovane, dimostra qualità calcistiche, ma soprattutto morali e umane, fuori dall’ordinario, pronte ad esplodere ulteriormente. Sperando che, un giorno, non si ripresenti un ennesimo “nodo gordiano” a sbarrargli di nuovo la strada verso la gloria.