"Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare”. Correvano i difficili anni della seconda guerra mondiale, quando il primo ministro inglese Winston Churchill pronunciava queste parole, udite dal popolo britannico, che trovò la forza di non mollare.
Perché il conflitto, in particolar modo se armato non è mai semplice da affrontare, e se la nazione inglese non fosse riuscita a compattarsi in un unico blocco atto alla resistenza, contro la Germania nazista ci sarebbe stato ben poco da aggiungere.
Questa proposizione, che assomiglia anche ad una sorta di gioco di parole, è solo una piccola nota del ricco spartito del buon vecchio premier britannico, celebre anche nella nostra modernità per la sua capacità di trasformare il paesaggio di chi osserva, da landa triste e desolata, ad un territorio in cui è possibile la nascita e lo sviluppo della vita.
Questione di punti di vista probabilmente, creati dall'uomo per illudersi di una realtà che non sarà mai uguale per tutti, ma come affermava anche Luigi Pirandello in Uno, nessuno e centomila "l'essere agisce necessariamente per forme, che sono l'apparenze che esso stesso si crea, e a cui noi diamo valore di realtà, un valore che cambia secondo l'essere che in quella forma e in quell'atto ci appare." Eh si, perché riflettendo un attimo miei cari lettori, se guardassimo dentro noi stessi, non troveremmo mai quello che invece osserverebbe qualcun'altro in un'analisi esterna, o "da fuori" come era solito scrivere l'autore siciliano. Magari vi sarete chiesti nell'arco della vostra vita, se esista un modo su questa terra popolata da mortali, per leggere il pensiero altrui, se come nei cartoni animati si potesse diventare estremamente microscopici per entrare nella mente di qualcuno, con la sorpresa di trovare quegli omini seduti davanti a degli schermi che si consultano per questo e per l'altro, tenendo una tazzina di caffé in mano, come la fantasia di qualcuno ci suggerisce.
Al momento non c'è teoria che tenga, siamo limitati al rimanere fuori da questo universo che si muove dentro l'essere umano, così vasto da poter competere con quello oltre l'atmosfera terrestre, dove ancora ci si interroga sul ruolo dello stesso uomo e il senso della stessa vita.

Ma adesso aggiustiamo un po' la rotta della barca e passiamo al dunque: vi ricordate di un certo Andrea Stramaccioni, ex allenatore interista e dei suoi strepitosi record collezionati sulla panchina nerazzurra? Certo che sì, lo ricordiamo sicuramente tutti, ed io vorrei tornare ad analizzare l'operato del giovane mister romano, per poter comprendere il confuso ricordo che mi ha lasciato (ed anche per cercare di capire dove sia finito).

In apparenza può apparire una sciocchezza: che senso potrebbe mai avere doversi sforzare per mettere in ordine questi cassetti della memoria per un tizio che sostanzialmente non ha concluso nulla di buono? Invece, miei cari lettori (perdonatemi se uso questo appellativo) il significato esiste, ed è anche molto vicino a noi.

Perché in fondo Strama in quel frangente ricopriva perfettamente il ruolo dell' uno di noi, un ragazzo di appena 36 anni, al quale un infortunio aveva negato i campi da gioco da giovane, e che aveva iniziato ad allenare da qualche annetto nelle giovanili, quando nel 2012 gli venne affidata la panchina nerazzurra, pesantissima all'epoca, con un'infinità di responsabilità annesse; una vera e propria sfida, che Andrea riuscì a vincere incredibilmente e contro ogni pronostico in quella stagione, e che fu il preludio di uno strepistoso inizio nella successiva...fino alla partita con la Juventus, ultima grande impresa di questo ragazzo, uscito vittorioso dallo stadium per 3-1, con i bianconeri che non avevano mai conosciuto la sconfitta in quell'impianto.
Così dopo aver raggiunto la quota dei 9 successi consecutivi in campionato, scrivendo la storia del club nerazzurro, la carriera di Strama ha come eseguito una brusca manovra all'indietro, che lo fatto precipitare verso l'esonero, dove finisce la luce della gloria.

Con il numero 16 sul tabellino delle sconfitte, egli passò dal potenziale migliore, al reale peggiore, lasciando però indelebilmente un ricordo frammentato a metà.

Probabilmente avrà già raccontato della sua esperienza all'Inter, giustificandosi per i vari infortuni subentrati in quella maledetta annata terminata con un misero 9° posto in classifica, ma il mio spirito critico mi suggerisce che ci sia dell'altro, oltre questa nube di apparenza, un qualcosa di segreto, che non si può, o magari non si vuole mostrare, rimanendo nell'ombra come la ragione della brusca inversione di rotta della sua carriera.

Perché anche nelle successive esperienze Strama ha purtroppo fallito miseramente, e la colpa non può limitarsi alle società che lo hanno ingaggiato, dandogli quelle chance che meritava, ma va di ricercarsi in un luogo più profondo, che è quello dell'animo umano, sconfinato come la galassia, che viene confinata però ad un corpo mortale.

Quasi certamente la vita riproporrà ulteriori  opportunità a quest'uomo al quale la penna cadde proprio mentre si apprestava a scrivere il proprio nome nella storia, ma potrà diventare quel vincente che vive ancora nella memoria frammentata dei tifosi nerazzurri, solo se sarà in grado di chiedere a sé stesso quel qualcosa in più, in assenza del quale ha perso l'equilibrio proprio sul più bello, non concedendo alla propria favola un degno lieto fine.