Parto subito con una provocazione addirittura nel sommario, per anticipare le cose, per partire con la giusta quantità di pepe, come in un piatto in cui questa spezia viene usata: deve essere percepito, ma non deve essere così forte da rendere il piatto immangiabile.

Dunque, iniziamo: Gabriel Barbosa Almeida, classe '96, in Brasile era considerato un fenomeno, un predestinato. Un giocatore che, appena cinque anni fa, venne blindato dal Santos con una clausola rescissoria monumentale, ben 50 milioni. Una cifra non da poco, per un sedicenne che comunque aveva mostrato di fare gol con estrema facilità e di avere un discreto bagaglio tecnico.

Certo, le difese delle squadre brasiliane non sono certamente rocciose come quelle italiane, anche se il paragone con la tradizione nostrana non può calzare per ovvi motivi, dopotutto la nostra è la scuola migliore del mondo in questo campo. Ed infatti, appena arrivato all'Inter, probabilmente anche lui deve essersene accorto: i difensori non lasciano un centimetro che uno, corrono in continuazione, si compattano subito e pertanto limitano l'inventiva dei giocatori più tecnici. Per un giocatore proveniente dal Sudamerica, l'impatto col calcio europeo è sempre un trauma, figuriamoci con quello italiano. Basti pensare a come appariva Ricky Alvarez nei primi video che giravano su di lui: ottima corsa, ma è perchè in Argentina le marcature sono decisamente meno strette. Ed infatti sappiamo tutti come è andata a finire. Potrei citare Ronaldo, ma coloro che sono assurti al rango delle divinità calcistiche non contano.

Gabriel Barbosa arriva in Italia a fine agosto, e per quasi trenta milioni di euro. Se ne sono spesi di più, certo, ma resta comunque una cifra importante. Non parliamo di un giocatore arrivato a prezzi contenutissimi, e che quindi anche se dovesse floppare la cosa interesserebbe relativamente, parliamo di un vero e proprio investimento. E come ogni buon investimento, si devono calcolare tutti i fattori di rischio e le condizioni migliori per farlo fruttare, altrimenti si rischia il tracollo. E nessuno ti ridarà indietro i soldi spesi. Il duro, cinico mondo della finanza è così, e il calcio non è dissimile. Specie l'Inter, nel cui ambiente il termine "fair play finanziario" è conosciuto e temuto tanto quanto lo era il termine "spread" nel 2011, quando venne eletta "Parola dell'anno".

All'Inter, Gabigol trova un ambiente abbastanza particolare: De Boer è subentrato relativamente da poco, i tifosi cercano ancora di mettere a fuoco il tecnico olandese e iniziano i primi mugolii. Insomma, è già perfettamente calato nell'ambiente tipo interista, non c'è modo migliore di conoscere questa squadra. Troppo comodo essere un Pandev o un Mariga nel 2010, con una squadra compatta e un allenatore che ha la piena fiducia di tutta la squadra. E' nelle difficoltà che viene fuori il vero giocatore, se lo si sa aspettare con pazienza. Quella che non si è avuta con Coutinho, ad esempio. O con Kovacic, sebbene ora navighi nella panchina del Real Madrid.

Eppure, con il classe '96 di Sao Bernardo do Campo, non ci sono le stesse premesse, anzi. I tifosi lo adottano subito, vogliono vederlo giocare, invocano il suo ingresso in campo, alcuni per sfottò, altri per reale affezione. Eppure, con De Boer e con Pioli il minutaggio è esiguo. E qui, sorge la più spontanea delle domande: perchè? E i perchè sono molteplici.

Partiamo proprio dai tifosi: il tifoso interista di base è affettuoso e romantico, ma è molto, forse troppo esigente. Vuole i giovani, ma se sbaglia la giocata allora giù fischi, come accadde con Donkor. Certo, è un "male" italiano questo, ed esteso in molti campi, ma diciamo che l'ambiente nerazzurro riesce alle volte ad eccedere. Coutinho è gracilino, non segna, non corre, ha buoni numeri ma non è niente di che. Ricordate? Questo lo dicevano i tifosi e i giornalisti all'epoca. Guardatelo ora. Bastava solo avere pazienza. E qui mi riferisco a tutti. Pertanto, se Gabigol dovesse sbagliare qualche giocata di troppo, come reagirebbero i tifosi? Sinchè gioca pochi minuti, il tifoso anche più esigente può passarci sopra, ma se il minutaggio dovesse aumentare, la pazienza rimarrebbe intatta? Io personalmente ho seri dubbi. L'allenatore lo sa, e certamente anche la dirigenza.

Passiamo poi alla squadra vera e propria: la stagione scorsa eravamo senza esterni destri, quest'anno invece ce ne sono ben due: Candreva e, appunto, Gabigol. Candreva è un giocatore che in questa squadra non può non giocare, per svariati motivi: è nazionale italiano, e pertanto non può non giocare; ha una media di cross realizzati in partita elevatissima, il che lo pone tra i top in Europa in questa statistica. Molti di questi finiscono sul difensore che ha davanti, ma se dovessimo analizzare anche Candreva si divagherebbe troppo. Infine, l'allenatore al momento è Pioli, che aveva ai suoi ordini Candreva ai tempi della Lazio e che conosce bene. Pioli è un allenatore che ha delle precise gerarchie in mente, questo si, ma non lo vedo come il brucia-Gabigol. Ricordate quando Gabigol esordì le prime partite, tra gli applausi? No, non soffermatevi sulla frustrazione di Candreva per il cambio, pensate al suo modo di giocare. Giocate spettacolari, ma l'impressione che dà è quella di un ragazzo spaesato che sinchè ha la palla tra i piedi diverte e fa divertire, ma in fase di non possesso non sa davvero cosa deve fare.

Come scrivevo prima, non è facile arrivare in Italia, un paese calcisticamente affogato nel tatticismo esasperato. Un giocatore così serve in attacco, certo, ma ormai anche gli attaccanti devono saper ripiegare. Basti pensare a Perisic, che si fa tutto il campo e non è raro vederlo sulla fascia sinistra a dare una mano a D'Ambrosio quando gli avversari attaccano. Gabigol questo non lo faceva affatto, sembrava passeggiare per caso aspettando la palla. Insomma, il talento c'è, ma tatticamente è sin troppo indisciplinato. Contro il Bologna invece, si sono visti diversi progressi, al di là del gol segnato e della sua fattura. Sembra più conscio della sua posizione, svaria sull'esterna e verso il centro, ma in modo più ordinato, sebbene qualche sbavatura la si veda. L'Inter è in una fase in cui non può sbagliare nulla, pertanto almeno per adesso non può permettersi rischi. Ma in questo Gabigol è fortunato, perchè proprio l'ossessiva ricerca di punti può farlo crescere prima del tempo. Infine, alla dirigenza: un patrimonio da ventinove milioni e mezzo di euro non può fallire. Questo lo sanno bene tutti, specie Ausilio che lo ha portato in Italia.

Pertanto, ha senso obbligare l'allenatore a mettere titolare il brasiliano solo per giustificare la cifra con la quale lo si è acquistato? Personalmente, sarebbe controproducente. Infatti, se fosse nel pieno giro dei titolari, sarebbe considerato come tale, e pertanto ogni errore equivarrebbe a un deprezzamento. Come per Kondogbia. Ecco, forse è proprio pensando a Kondogbia che la società sceglie la linea morbida e della crescita con Gabigol: dargli il tempo di crescere, senza proclami (ignoriamo quella pubblicità fatta sulla falsariga di quella di Ronaldo), senza fretta, consci che il talento lo ha, deve solo veicolarlo bene. Quando la situazione lo consente, allora lo si potrà mettere in campo. Ma se vogliamo gioire con lui come in occasione del gol contro il Bologna, serve pazienza. Bisogna prenderla come una prova anche per noi tifosi. Vogliamo i giovani? Non vediamo l'ora di vedere Gabriel Barbosa e Pinamonti titolari? Saremmo addirittura disposti a mettere Dimarco titolare la stagione prossima? Bene, allora pazientiamo. Lasciamo tranquilla la squadra e l'allenatore, e potremo godere dei suoi miglioramenti quando davvero potrà mostrarli per bene.