Raramente ho visto "porcate" calcistiche collettive come quella combinata dal Milan giovedì sera sul goal austriaco: un fuorigioco sbagliato è stato seguito da un'uscita alla Huiguita ubriaco di Donnarumma e dall'intervento di Bonucci sulla linea di porta col piedino dolce dolce dolce... morbido morbido morbido... soave.

La sequenza di castronerie or ora descritta è lo specchio di un Milan ormai avviluppato in vortice di "casini" dai quali sembra non poter più uscire. E in un certo senso gli aspetti tecnici sono i più rassicuranti, dal momento che giocatori e allenatore sono comunque riusciti a qualificarsi in Europa League con un turno di anticipo, mettendo al sicuro il primo posto, senza peraltro precipitare del tutto in campionato, dove stanno avendo comunque più difficoltà.

Lasciamo stare quanto scritto dal NYT sul proprietario YongHong Li, che di per se non dice nulla di nuovo rispetto a quanto già riportato in Italia a febbraio. Notizie a suo tempo scopazzate troppo in fretta sotto un tappeto, ma che per quanto invisibili, sono venute fuori appena il tappeto stesso è stato spostato.

Lascerei stare anche l'articolo di Forbes secondo cui il sig. Li sarebbe costretto a vendere il Milan appena comprato, che mi sembra più una deduzione dell'autorevole giornale che una notizia vera e propria.

Un discorso più approfondito meriterebbe il tentativo rossonero, finora non andato a buon fine, di concludere il Voluntary Agreement con la UEFA.

Nell'ultima estate la dirigenza rossonera si è "idealmente" presentata a Nyon con la sicumera di che entra senza bussare, getta un plico di carte sul tavolo della commissione e, sempre "idealmente", dice "Firmate. Noi siamo fuori a prendere un caffé. Dateci una voce quando avete finito, ma datevi una mossa, perché abbiamo l'aereo.".

Tale è "idealmente" l'atteggiamento di chi, appena rientrato nelle coppe europee dopo 3 anni di assenza, dice di poter fatturare in Cina 6-7 volte più di una potenza sulla cresta dell'onda come il Barcellona.

Se, tuttavia, in Italia c'è stato chi ha preso per buona la boutade  delle "scuole calcio" e dei "ristoranti" dal marchio Milan in Cina, la commissione UEFA non appartiene a quella categoria di "cuori allegri che il ciel li aiuta". Infatti i signori di Nyon hanno educatamente significato alla dirigenza milanista il seguente concetto: "Sentite, per ora noi facciamo finta che non siate mai venuti e non ci abbiate mai proposto un simile accordo, quantomeno per rispetto alla storia del club. Ripresentatevi più avanti quando avrete partorito qualcosa di più credibile.". Finanche troppo buoni.

L'approccio dei giorni scorsi da parte del Milan è stato più soft e ragionevole, però la UEFA non è ancora convinta e ha rimandato la società rossonera di qualche settimana, considerando troppo irrealistiche anche le nuove previsioni di rientro dall'esposizione debitoria. In tal senso possiamo solo sperare bene. 

Quello che mi demoralizza veramente è che proprietà e dirigenza stiano facendo il Giro delle Sette Chiese per cercare qualcuno con cui ricontrattare il debito, cosa non dignitosa e preoccupante, in quanto in altri tempi sarebbe bastato chiamare una banca qualsiasi per ottenere a buone condizioni quanto necessario.

Ma mi demoralizza pure la voce che sarebbe in atto la ricerca di "nuovi soci".

Nuovi soci? Ma il tormentone del "closing" è iniziato 3 anni fa proprio con la notizia che Berlusconi cercava "nuovi soci" e dava incarichi qua e là perché venissero trovati!

Il "closing" doveva proprio servire a mettere fine a quel periodo di incertezza, almeno a dare credito al tam tam mediatico. Invece, non solo l'incertezza è aumentata, ma è lo stesso "closing" che non è mai finito.

Si potrebbe parlare di "closing permanente", ormai endemico, alla stregua di alcune malattie in certe zone del mondo. Non lo trovo affatto piacevole né divertente, credetemi.