Il Milan, come un pugile imbattuto, era atteso al suo primo test importante contro un avversario di prima scelta: non è che l'esito sia stato dei più incoraggianti eh!

Il fatto è che i rossoneri sono scesi in campo con la baldanza di chi, forte dei più allegri luoghi comuni del calcio, si sente in dovere di "andare su qualsiasi campo e imporre il suo gioco". Splendido e nobilissimo concetto questo, a patto di essere in grado di farlo, cosa che il Milan in questo momento non è.

Certo che se la stagione viene preparata in una sorta di delirio colletttivo, non si può pretendere che squadra e allenatore mantengano il senso della realtà. Anche il "passiamo alle cose formali" di Fassone è diventato un "alea iacta est" degno di Gaio Giulio Cesare. E Fassone, dirigente preparato quanto si vuole, non è Giulio Cesare, come Mirabelli non è il suo vice Labieno.

La squadra resta "buona" e farà bene, ma a patto di non credere essa stessa agli slogan pubblicitari messi in giro per creare entusiasmo fra i tifosi.

E' legittimo che la dirigenza valorizzi il proprio lavoro e faccia sì che un ambiente depresso trovi entusiasmo. Ma la parola "entusiasmo" in greco antico significa "avere dentro di se Dio", per cui l'euforia, se non è giustificata dalla realtà, può portare a un pernicioso senso di onnipotenza.

E può portare a prendere quattro gol a Roma contro ua Lazio che di solito non vince il campionato, ma è sempre lì ogni anno e sul suo campo fa vedere le streghe a tutti.

Mi permetto quindi di dare un po' di consigli, per amore di tifoso, in quanto per il resto non me ne viene in tasca nulla:

1) la dirigenza eviti di gonfiare il buono in eccezionale, ne guadagnerà il rendimento della squadra;

2) si faccia di tutto per valorizzare Chala e Silva, in quanto su di essi è stato investito tanto, non sono scarsi e devono essere il valore aggiunto che rende "ottimo" il "buono". 

E basta con la storia che per gennaio sono stati bloccati Pippo, Topolino e Paperino! Oh...