Quando ripenso alle sensazioni che mi hanno accompagnato durante il crepuscolo dell'ultimo periodo berlusconiano al Milan vengo avvolto da uno spesso velo di tristezza.

Io non so che cosa sia accaduto veramente. Non conosco la realtà che si trova sempre troppo spesso dietro le quinte. Non sono a conoscenza di nulla di più di quanto è stato dichiarato pubblicamente in questi ultimi anni tristi. L’ormai ex Presidente rossonero prima sposa il tentativo di acquisto della Società da parte del cosiddetto Mister Bee, al secolo Bee Taechaubol (mi rifiuto di storpiare il nome in inglese e di provare a tradurlo con ironia).

Poi, con l'arrivo di Yonghong Li e la storia del closing rimandato e rimandato e rimandato ancora fino al lieto fine sembra che le cose oggi siano radicalmente cambiate.
Ma quanta fatica e sofferenza c’è stata prima di arrivare a questo risultato. Tutto questo peregrinare mi ha fatto ricordare un vecchio Kōan (affermazione o racconto che ha lo scopo di far meditare l’ascoltatore su aspetti della vita poco conosciuti).

C'era un monaco zen che passeggiava su di un prato ad una certa distanza dal monastero. Egli era immerso nei suoi pensieri. Ad un certo punto, dei rumori provenienti dalle sue spalle, lo costringono a ritornare con i piedi per terra. Con occhi ottenebrati dall’orrore e dal terrore scopre che un grosso orso affamato sta per raggiungerlo allo scopo di sbranarlo. Dovendo decidere della sua vita in una frazione di secondo prende a correre nella direzione opposta a quella dalla quale proveniva l’orso. Anche se ciò significava allontanarsi sempre di più dal Monastero che era la sua massima protezione dai pericoli. Non essendosi mai avventurato fuori delle sue mura si accorge troppo tardi che la direzione intrapresa lo porta verso il ciglio di un precipizio. Con un terrore ed una angosci ancora più grande sa che deve decidere se morire sbranato dall’orso o per effetto della caduta e vedendo avvicinarsi il primo sempre più minacciosamente decide di optare per la seconda. Solo dopo essersi buttato si accorge che all’incirca alla meta della distanza tra il punto da cui si è lanciato e il fondo del precipizio ci sono i rami di un albero sufficientemente robusti per sostenere il suo peso. Egli allora allunga le braccia e nonostante lo sforzo si riveli doloroso si aggrappa ad esso e dondola felice di aver salvato la sua vita. Questa sensazione dura poco perché sente il ruggito di un leone provenire sotto di lui. E’ perduto. Se si lascerà andare morirà sbranato dal felino. Se tenterà di risalire il precipizio sarà l’orso a banchettare con la sua pelle.
Tuttavia rimane un’altra soluzione. Rimanere aggrappato all’albero e così fa in attesa che una delle due fiere abbandoni i suoi propositi. Un altro rumore attira la sua attenzione. Si tratta di un suono delicato e appena percettibile come quello dello sfregamento di un piccolo becco. Guardando verso la radice dell’albero, il monaco si accorge che da una spaccatura nella roccia stanno uscendo due testuggini che stanno tagliando ciò che gli impedisce di cascare fino al fondo del precipizio. Impaurito si guarda intorno sperando possa esserci una soluzione al suo problema e riuscire ancora una volta a salvare la propria vita. Nota che sulla parete rocciosa davanti a lui c’è del muschio sul quale sono cresciute delle piantine di fragole. Ne sceglie una, la più rossa, la più grossa e matura, la mette in bocca e la mangia. E poi esclama: “buona”…

Ecco cosa penso che abbia caratterizzato l’ultima parte dell’epopea di Silvio Berlusconi al Milan. Una serie di sfortunati eventi caratterizzati alla fine da un assaggio che può suggerire una svolta oppure no.
Lo scopriremo solo vivendo (Battisti docet).