C'è una percentuale di juventini, inevitabilmente minoritaria per ragioni anagrafiche, che si è formata negli anni settanta - ottanta e che fatica a riconoscersi in questa squadra.
Una generazione che ha subito l'onta della mancata difesa dal ribaltone farsesco di metà anni duemila e ha dovuto sopportare una retrocessione strategica e l'arrogante avvicendamento di dirigenza deciso da tempo ai tavolini del Cafè Flore a Parigi.

Una generazione che ha ripreso vigore con l'arrivo di Andrea Agnelli, manager cresciuto nelle più grandi multinazionali e vero rappresentante della tradizione sabauda bianconera.

Una generazione che ha superato senza troppi scossoni persino l'addio di Alessandro Del Piero e poi l'incomprensibile ammutinamento di Antonio Conte, capitani storici purtroppo dimentichi del proprio passato. 

Ora questa generazione si ritrova ad un bivio: cosa augurarsi per il futuro? Il settimo noiosissimo scudetto consecutivo? Un'altra annata di frasi come "abbiamo sbagliato tecnicamente", "faccio i complimenti ai miei ragazzi", "stiamo facendo qualcosa di incredibile"? I pochi minuti concessi ai nostri giovani e i complimenti ai giovani avversari, come lo "Shick che fa cose non normali" e il "fortissimo Romagnoli"? 
Non sarebbe forse meglio augurarsi che si creino i presupposti per una rifondazione? Per la creazione di quel grande polo sportivo mondiale Ferrari- Juventus tanto osteggiato dalla proprietà, che consenta alla squadra bianconera di tenere per 5 anni di seguito tutti i propri campioni? 
Oppure attendere inermi il prossimo avvelenamento di pozzi di qualcuno invidioso del successo di Andrea Agnelli? Il quale, non a caso, col suo DNA bianconero puro ama Paolo Montero più di Paolo Dybala.