In un paese perfetto un minuto dopo il triplice fischio dell’arbitro spagnolo Mateu Lahoz il commissario tecnico Ventura ed il presidente federale Tavecchio avrebbero rassegnato senza se e senza ma le dimissioni.
Si sarebbero presentati davanti ai microfoni ed in diretta tv, davanti a milioni di italiani disorientati dal dramma sportivo appena consumatosi, si sarebbero scusati per non avere saputo fare bene il lavoro per il quale sono pagati profumatamente e avrebbero lasciato la scena con un minimo di dignità personale che noi italiani, sempre pronti a condannare ma anche a perdonare, avremmo apprezzato con sostegno.

Invece a presentarsi davanti alle telecamere e a salutarci è stato il capitano Buffon, il meno colpevole se vogliamo, uno che ci ha sempre messo il cuore e l’anima, ma del gatto e la volpe nemmeno l’ombra. E parliamo di 2 settantenni che di sensibilità dovrebbero averne maturata parecchia e che invece sono li a cincischiare cercando il modo di rimanere incollati alle poltrone o di non rinunciare a contratti stipulati in precedenza.

Eppure che il commissario tecnico avesse le idee alquanto confuse lo si era capito da tempo. Uno che affronta la Spagna, in Spagna, a viso aperto, con un fantomatico 4-2-4, rimediando inevitabilmente una sonora sconfitta o che decide di essere prudente affrontando una Svezia sinceramente con poca qualità passando ad un ermetico 3-5-2 con milioni di palloni lanciati in avanti e con cross facili prede degli armadi svedesi.
Uno che per la prima volta convoca giocatori come Zaza, Gabbiadini o Jorginho ignorati fino a quel momento.
Uno che contro una squadra chiusa nella propria area non inserisce il giocatore con più estro e capacità di saltare l’avversario della rosa, naturalmente Insigne, facendosi mandare a quel paese anche da De Rossi per questo.

Che nemmeno i giocatori si fidassero più del tecnico era ormai palese e solo il cuore ci ha permesso di attaccare il Fort Apache svedese e di provarci fino alla fine con un impegno costante ma con un piano tattico poco lucido. Se è vero che Candreva gigioneggiava sulla fascia non trovando mai nessun compagno smarcato ed era obbligato a crossare a caso o a cambiare gioco pescando Darmian sulla fascia opposta. Darmian che di cross non ne riusciva a fare e che a quel punto era meglio sostituire con un’ala più offensiva. Mentre dietro i 3 difensori erano quasi uno spreco mentre un De Rossi centrale ci avrebbe consentito di impostare con più qualità le azioni. Anche Belotti a fare movimento con un Immobile, nel rispetto del suo nome, rimaneva immobile era una cosa che avremmo preferito non vedere in una partita decisiva.

Rimanendo in attesa che il gatto e la volpe decidano di farsi da parte con ritardato onore o che qualcuno lo decida per loro, ci auguriamo che i prossimi incaricati siano persone in grado di tirare fuori il cuore da loro stessi e dai propri giocatori tenendo conto che molti ‘senatori’ lasceranno la squadra e molti ragazzi giovani metteranno per la prima volta piede in casa azzurri e avranno bisogno di maggiore tutela e di buoni esempi.