Ancora una volta il famigerato fattore “C” l’ha fatta da padrone nella manifestazione per club più prestigiosa del modo. Il Real Madrid, pur senza merito e pronostico, si è aggiudicato la sua undicesima Coppa dei Campioni, vincendo ai rigori una partita brutta e mal giocata, nella quale tutti gli eventi sono andati a suo favore. Un goal in fuorigioco; un rigore per fallo di mano di Ramos non concesso; fino alla lotteria dei calci di rigore, luogo mistico che con il calcio giocato non ha nulla a che fare, ma, ahinoi, ancora non hanno inventato un modo più equo per assegnare un trofeo a conclusione di una gara secca.
Dall’ altra parte i poveri uomini di Simeone che, dopo aver eliminato con merito le due uniche, vere corazzate europee, Bayern e Barcellona, e nonostante aver giocato meglio degli avversari per gran parte del match, hanno dovuto inchinarsi alla dea fortuna e regalare la seconda finale agli odiati cugini di Madrid.
Mai come quest’anno, l’assunto in virtù del quale la coppa dalle grandi orecchie è sopratutto una questione di fortuna – ancor più da quando non vi partecipano solo i vincitori dei campionati nazionali – ha dimostrato la sua intrinseca veridicità.
Credo che sia quanto mai necessario che la Champions trovi una formula più equa. Un modello che, come ad esempio quello dei tornei nazionali, lasci il meno spazio possibile al fattore “C” e cerchi di premiare chi veramente esprime il miglior calcio e merita la vittoria finale.
Una Lega Europea, con partite di andata e ritorno, potrebbe essere una buona idea. E credo che si vada proprio verso questa direzione.
Tuttavia, altrettanta ingiustizia vi sarebbe qualora ad un torneo così pensato accedessero solo squadre con determinati meriti economici o storici, ovvero sulla base, ad esempio, di incomprensibili e truffaldini parametri in stile ranking uefa, e non in ragione del solo criterio certo esistente, ossia il piazzamento nelle classifiche dei tornei nazionali.
L’unico aggiustamento comprensibile, ovviamente, come accade oggi, sarebbe quello che privilegiasse i campionati più importati del continente, ai quali dovrebbe essere concesso un numero di partecipanti superiore rispetto agli altri tornei minori.
È evidente che non si può pensare che il campionato polacco esprima gli stessi partecipanti del campionato spagnolo.
Il tentativo pluralistico, attuato a suo tempo da Platini per puri fini politici nella riforma dell’attuale Champions o nell’organizzazione dell’inutile Europa Legue, ha già fatto abbastanza danni.
È fuori dubbio che nel calcio moderno le logiche meritocratiche e di equità sportiva sono ormai completamente subornate a quelle economiche.
Cionondimeno, a mio parere, una lega europea in stile campionati nazionali potrebbe giovare anche ad una maggiore spettacolarizzazione dello sport più bello del mondo.
Magari in questo modo si eviterebbe che una squadraccia senza anima e colma di solisti boriosi, che non ha mai fatto vedere uno straccio di gioco e unità di intenti, vinca di nuovo, ingiustamente, la massima competizione continentale, togliendo il trofeo a chi l’ha meritato non solo per quanto espresso durante l'intero torneo, ma anche nel corso della stessa finale.
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