Il calcio italiano vive un momento difficile, è innegabile. Ma è altrettanto innegabile che ci vorrebbe maggiore equilibrio nel giudizio, cercando di non fare "di tutta l'erba un fascio" e di sottolineare anche i lati positivi di un sistema che genera introiti enormi, di cui ne beneficia tutta l'economia italiana. Dati alla mano, è evidente che non bisogna generalizzare una situazione certamente negativa, ma soprattutto nel momento in cui la paragoniamo con l'inarrivabile - tecnicamente ed economicamente - calcio italiano tra gli anni '80 e i primi Duemila e, come aggravante, quando tentiamo di porla sullo stesso piano dell'ineguagliabile Premier League - dove, ad esempio, una squadra di metà classifica (come il Southampton) genera bilanci da capogiro, grazie in primis ai benefici degli eccezionali diritti tv d'Oltremanica. Le difficoltà quindi sono molteplici, ma bisogna dare merito alle cose positive che di certo non mancano.

PROBLEMI

- Il problema maggiore è la mancanza di una solida "governance", di un potere centrale che prenda da solo - e bene - le decisioni più rilevanti. Da circa sei mesi comanda come "commissario straordinario" l'attempato Carlo Tavecchio, scelto per stilare un nuovo Statuto del nostro calcio e per riorganizzare l'organigramma federale. Nonostante scelte positive, come l'introduzione del VAR, il vuoto di potere ai "piani alti" del sistema calcio italiano è tangibile ed occorrerebbero misure drastiche e sacrosante, come ad esempio la nomina di un vero Presidente Federale.

- Altra nota dolente del sistema calcio italiano è la mancanza delle cosiddette squadre B. La maggior parte dei giovani, appena usciti dalla Primavera, non sono ancora pronti per il grande passo in serie A e vengono così spediti nelle serie minori. Qui, finché sono ancora nella fascia d'età obbligatoria, giocano; poi, col passare degli anni, escono dal giro del calcio che conta, divenendo degli esuberi e sostituiti dai più giovani, in un infinito circolo vizioso: le squadre B, veicolo fondamentale nel passaggio ai professionisti, servono ad evitare che ciò accada. In tal senso, Demetrio Albertini ha rilasciato dichiarazione al veleno: "Chi blocca le seconde squadre non ha interesse per la crescita del calcio italiano; oggi la B e la Serie C sono solo il ripiego per gli esuberi. Senza dimenticare che le seconde squadre suscitano interesse e creano identità, come a Barcellona, dove è il fiore all'occhiello della giunta Barça.

- La telenovela sulla vendita dei diritti tv di campionato, Coppa Italia e Supercoppa (pacchetto che è stato da pochi giorni venduto agli americani di IMG) ha creato un vero e proprio tsunami mediatico. In prima linea troviamo il vulcanico Aurelio De Laurentiis, che ha apostrofato l'episodio come una "farsa, con la quale il calcio italiano ci perde tantissimo". Di tutt'altro avviso sono Beppe Marotta, per il quale la vendita dei diritti tv all'estero a fronte di 360 milioni di euro "è un passo importante, per la prima volta siamo tutti d'accordo", ma pure Fassone, Amministratore Delegato del Milan, ha gioito: "In passato abbiamo sempre preso la decisione in base al miglior offerente, senza badare al progetto, ora abbiamo fatto una scelta ponderata, gettatando basi importanti per il prossimo triennio del calcio italiano." Quindi alla luce delle testimonianze degli addetti ai lavori, quello dei diritti tv è un "falso problema": per l'ennesima volta il Presidente del Napoli si è dimostrato troppo "melodrammatico" nei modi e nei toni.

FATTORI POSITIVI

- Gli italiani sono periodicamente tartassati sulla controversa questione-stadi. Costruzioni fatiscenti, roccaforti di violenti e facinorosi, spesso inagibili e mancanti delle più comuni infrastrutture (leggasi barriere architettoniche), inadatti alle famiglie, perennemente vuoti, sporchi, brutti e chi più ne ha più ne metta. Tutto vero, dimostrabile alla luce del sole, ma la situazione sta drasticamente migliorando, grazie a società professionistiche vogliose di ammodernarsi, mettendosi al pari dei meravigliosi ed avveniristici stadi inglesi. Il Frosinone, con il nuovo "Benito Stirpe", vedrà in 3 anni un aumento dei ricavi del 20% e, chissà, un posto in pianta stabile in Serie A come accompagnamento; la famiglia Percassi ha già comprato dal Comune di Bergamo lo stadio " Fratelli Azzurri d'Italia" ed è pronta a trasformarlo in un impianto all'inglese dotato di tutti i comfort extra-calcistici. L'Udinese e la Juventus hanno già anticipato tutti, altre come Bologna, Fiorentina e Cagliari ben presto avranno anch'esse lo stadio di proprietà. Sul fronte romano, Pallotta auspica di porre la prima pietra della nuova casa della Roma entro l'inizio dell'anno venturo, mentre Lotito ha in programma Al vino incontri con la sindaca di Roma per delineare il progetto del modernissimo stadio "Delle Aquile". Senza dimenticare che Inter e Milan covano sorprese in tal senso. La tanto vituperata questione stadio, aldilà dell'oggettiva lentezza della macchina burocratica italiana, non è poi così in alto mare come si pensa. 

- strettamente collegata alla questione precedente c'è il problema dei troppi buchi vuoti negli stadi. Anche qui, mediante dati oggettivi, il panorama non è poi così abbuiato come vogliono farci credere. Secondo i dati offerti da Stadiapostcards, l'incremento medio degli spettatori rispetto alla passata stagione è di 3000 unità a partita; i tifosi presenti in questo campionato, dopo 7 giornate, sono stati in media 23772 contro i 20755. Contando che Roma-Sampdoria deve ancora essere recuperata, c'è sicuramente da stare allegri. 

- accantonando per un attimo le questioni economico-organizzative, dal punto di vista tecnico la nostra Serie A non è poi così malaccio. Alle ultime qualificazioni mondiali, Napoli, Inter, Juventus, Roma, Lazio e Milan hanno fornito alla varie Nazionali ben 67 calciatori, un dato in netta controtendenza rispetto al recente passato che, sebbene minoritario rispetto ad altri campionati di punta, rappresenta una certificazione rassicurante sulla bravura dei giocatori e sulla forza delle compagini nostrane. 

I latini dicevano "consuetudo est altera natura" ("l'abitudine è una seconda natura"): forse siamo abituati a sparare addosso al sistema italiano - non solo la sfera calcistica - per paura di addentrarci nei meandri della verità. Utilizzando una metafora ben congeniale, la situazione del calcio italiano sembra quella di un moribondo in via di guarigione, nonostante in troppi l'abbiano scambiato per un malato terminale senza più speranza. Speranza che invece c'è e va' coltivata ed alimentata, perché il futuro del calcio italiano è più roseo di quanto si pensi.