La (brutta) partita disputata dal Milan in casa contro l'AEK Atene ha messo in luce ancor di più, semmai ce ne fosse avvertito il bisogno, quello che è lo stato mentale di una squadra che non è serena e non gioca per come sa.
L'avversario che i rossoneri si sono trovati di fronte non era uno dei carneadi greci, dopolavoristi, o talenti inespressi. Il vero confronto al quale ventimila tifosi hanno assistito (fischiando legittimamente) è stato tra undici atleti e i loro spettri, scheletri nell'armadio. Ogni calciatore ha dovuto affrontare se stesso e le sue paure.

Questa difficile e triste situazione mi ricorda la Crisi del '29 (che, volendo, è assai simile a quella che viviamo oggi a livello globale). Il sistema economico capitalista arrivò al collasso per tutte quelle contraddizioni che avevano causato il precedente periodo di euforia e di isteria collettiva che slegavano l'economia reale da quella finanziaria. In parole più semplici, non ci può essere una seria crescita di un sistema se non c'è armonia tra chi muove il denaro e chi produce col sudore della fronte.
Al Milan, a fronte di un imponente sforzo economico della Presidenza cinese c'è stato un evidente scollamento con quanto messo in campo dalla squadra e dal settore tecnico. Poca importanza riveste la giusta attribuzione delle colpe. Quello che è fondamentale è trovare una via d'uscita.

La Storia insegna sempre a valutare meglio il tempo presente. Che cosa accadde nel '29? Come si uscì fuori dall'impasse della Crisi del secolo scorso? La prima opzione politica messa in campo dall'Amministrazione Roosevelt a partire dalla sua elezione nel '32 è stata quella psicologica. Il Presidente americano sapeva di avere dalla sua un grande Paese, un popolo fiero e un'industria che sapeva comunque lavorare. Attraverso quelli che vennero chiamati "i discorsi del caminetto" (messaggi televisivi alla nazione mentre era pacatamente seduto su di una poltrona) Roosevelt fece quello che fa un buon pompiere durante un incendio... spegne il fuoco, butta acqua, rasserena gli animi. La confusione, il dilettantismo, l'ansia, ma soprattutto la paura sono i veri nemici da combattere. In un suo storico discorso affermò: "Quindi, prima di tutto, lasciatemi esprimere la mia ferma convinzione che l'unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa" (So, first of all, let me assert my firm belief that the only thing we have to fear is fear itself dal First Inaugural Address per il New Deal, 4 marzo 1933).

L'unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa... quella che ci ha permesso di dubitare della nostra forza, delle nostre capacità, della nostra passione, dei nostri colori.
Per vincere la paura bisogna essere più forti della paura stessa e il ruolo della presidenza e della dirigenza è proprio quello che ha reso celebre Roosevelt.
Se Marco Fassone e Massimiliano Mirabelli leggeranno mai queste parole vorrei dire loro di ricordare che il loro ruolo è quello del bastian contrario nel nome della stabilità e dell'armonia. Quando c'è un incendio al Milan devono buttare acqua, tanta acqua. Quando, viceversa, c'è troppa calma devono speziare i piatti della squadra per ricordare a tutti che il calcio non è una crociera in un mare calmo.
Così faceva anche Silvio Berlusconi (oltre a Roosevelt) con buona pace dei giornalisti nostalgici come Cristiano Ruiu che ce lo ricordano un giorno sì e l'altro pure.