"II gobbo non vede la sua gobba, ma quella del suo compagno", recitava così un vecchio proverbio, ormai divenuto anonimo, partorito da chissà quale bocca e ascoltato da chissà quante orecchie. Probabilmente si tratta di un uomo molto saggio, o magari di una donna, anch'ella dotata di grande riflessione, oppure addirittura potrebbe essere venuto direttamente dal cielo, come qualcuno potrebbe pensare... le interpretazioni sull'autore di certo non mancano.

Così come non manca il tempo che ha trasportato queste parole fino ad oggi, che non si sono spente, come una candela lasciata accesa durante la notte, che al mattino successivo si è ormai sciolta del tutto. Ma il tempo, per definizione è quel fattore che mette fine a tutto l'operato umano, che cancella il passato, o lo rende irraggiungibile per il futuro... e allora perché questo vecchio proverbio è ancora oggi da noi conosciuto?

La risposta è molto semplice, anzi come direbbe qualcuno "elementare": l'uomo non è cambiato nel corso dei secoli, e quindi tale definizione è ancora attuale, come se fosse stata pensata adesso stesso. Nella mente umana la contraddizione è all'ordine del giorno: non è difficile accusare qualcuno che si trova in difficoltà, di essere un incapace, ed elogiare come idoli, personaggi che si trovano in una posizione di momentaneo vantaggio; da qui una serie di giudizi, commenti ed espressioni senza criterio, atte solo a coprire d'oro o fango chiunque, senza nessun senso critico, che sappia invece approfondire la semplice visione apparente, sostituendola con un'osservazione chiara ed elaborata dei fatti.

Il legame con il mondo del calcio è immediato: quanti giovani ragazzi, prima coperti di elogi e portati all'apice dalla critica, vengono poi scaricati per un periodo no, in cui non riescono ad esprimersi al meglio?

In Serie A gli esempi non mancano di certo, basti vedere la situazione momentanea del gallo Belotti, giovane ragazzo di 23 anni, gonfiato dal proprio stesso presidente, tanto da avere una valutazione di ben 100 milioni di euro alla fine della scorsa stagione, e adesso per una crisi da goal, che gli manca dal 19 settembre, diventare soggetto di critiche provenienti dappertutto, che mettono in discussione la sua capacità di essere un top in questo sport.

Ma il problema più preoccupante non sta sicuramente in un caso del genere, e va ricercato nelle piccole società calcistiche, o addirittura nelle scuole calcio, dove la concezione di questo bellissimo sport, che prima ancora è un gioco, viene interpretata in un egoismo completamente fuori luogo. Ho avuto la sfortuna di dover vedere personalmente bambini riempiti d'insulti per un rigore sbagliato, o un errore in fase difensiva da quei "grandi", che dovrebbero invece insegnargli il valore della vita e del rispetto, che chiaramente in questo modo diventano solo leggende metropolitane.

Il mio è un messaggio, che vuole superare il semplice ambito calcistico, estendendosi alla nostra società, in tutte le sue piccole e grandi vie, far riflettere le nostre capacità di "pensare", e magari sensibilizzare il nostro animo umano, che deve necessariamente differire dall'egoismo dell'istinto animale, perché sarebbe meglio, prima di giudicare qualcuno, guardare la propria casa, e renderci conto, che magari chi abbiamo davanti una casa nemmeno ce l'ha...
Per concludere con ciò che mi ha suscitato questa riflessione, che qualcuno potrebbe considerare "fuori tema", perché non si ferma al solo rettangolo di gioco, inserisco un altro famoso proverbio: "vivi e lascia vivere".