Molto probabilmente la discussione sulla rinascita della Juventus dividerà sempre perché, sia tra la stampa che fra i tifosi ci saranno fazioni pro Conte e pro Allegri. Personalmente, non concedo l’esclusiva all’uno o all’altro poiché ritengo che i meriti vadano riconosciuti ad entrambi.
Antonio Conte ha permesso alla Juventus di riscoprirsi: reduce da due settimi posti consecutivi, grazie al suo ex capitano la “Vecchia Signora” ha ritrovato la voglia di non mollare, il desiderio di migliorare sempre, oltre alla crescita delle possibilità e capacità individuali a vantaggio del collettivo in virtù della grande preparazione tecnico tattica del mister salentino; la cura meticolosa di ogni aspetto (psicologico, atletico e didattico) si è tradotta in mentalità vincente e concretizzata in tre Scudetti consecutivi e due Supercoppe Italiane.
Se in patria la Juventus di Conte è stata vincente e convincente, in Europa il Mourinho del Salento si è dimostrato più un limite che un valore aggiunto perché la sua ferocia agonistica ha creato pressione ai giocatori inducendoli a scendere in campo paralizzati dall’ansia e costringendoli ad offrire prestazioni nettamente inferiori alle loro possibilità. Eccettuando il primo anno della gestione Conte, quando la Juventus venne eliminata dalla Champions League da uno straordinario Bayern Monaco, va sottolineato che l’anno seguente i bianconeri non andarono oltre la fase a gironi e furono eliminati dai turchi del Galatasaray, certamente non una formazione imbattibile; arrivarono terzi nel raggruppamento, si qualificarono per l’Europa League tuttavia uscirono sconfitti dal doppio confronto con il Benfica e persero l’occasione per disputare la finale nel loro stadio.
Nell’estate 2014 Antonio Conte lascia la Juventus per contrasti con la dirigenza sulle strategie di mercato e sulla panchina bianconera approda Massimiliano Allegri. L’allenatore, accolto dai tifosi con rabbia e scetticismo a causa del suo passato milanista, merita applausi e complimenti sinceri per il lavoro svolto in questo triennio: ha gestito alla perfezione il dopo Conte, dato uno stile e una dimensione europea alla squadra. Nella prima stagione, il tecnico si è dimostrato un eccellente gestore di risorse umane inoltre ha evidenziato una spiccata attitudine alla psicologia perché ha tenuto alte le motivazioni di una squadra che dopo l’addio di Conte avrebbe potuto lasciarsi andare invece, non solo ha festeggiato il quarto Scudetto consecutivo e la decima Coppa Italia ma ha anche giocato e purtroppo perso la finale di Champions League contro un super Barcellona.
L’anno scorso Max ha disegnato la Juventus secondo i suoi principi di gioco: tecnica, organizzazione, solidità e conquistato la Supercoppa Italiana, il quinto Scudetto consecutivo e la seconda Coppa Italia di fila; il percorso in Champions League si è invece fermato ai quarti di finale contro il Bayern Monaco in un doppio mach deciso anche da errori arbitrali.
Il fatto che quest’anno, la Juventus, oltre ad essere ad un passo dal sesto tricolore consecutivo e nuovamente in finale di Coppa Italia abbia molte chance di giocare e chissà vincere anche la finale di Champions League – visto che la semifinale d’andata tra Monaco e Juventus è stata vinta 2-0 dalla “Vecchia Signora” – rappresenta un premio al lavoro di Massimiliano Allegri che, in questi tre anni ha dato una dimensione europea alla squadra curando sia l’aspetto mentale che quello tattico; ha eliminato l’ansietà che aveva creato il suo predecessore, portato serenità, concentrazione, autostima e varato un sistema di gioco – il 4-2-3-1 – che associa doti fisiche, tecnica ed imprevedibilità. In altre parole, questo modulo coinvolge ed esalta i talenti della squadra: Pjanic è un eccellente regista/incontrista, Cuadrado assicura velocità, Dybala imprevedibilità, Mandzukic potenza e spirito di sacrificio infine Higuain segna e fa segnare. Grazie alla sensibilità e alle capacità di Allegri, la Champions League non è più un sogno bensì è diventata un obiettivo concreto.
In conclusione, mi sembra doveroso sottolineare l’operato della Società la quale, di anno in anno ha dimostrato, non solo di saper scegliere i giocatori giusti per aumentare il livello tecnico e caratteriale della rosa ma anche di saper supportare entrambi gli allenatori.
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