Non prendete niente di tutto ciò come se fosse una cosa seria. Certe volte è solo nausea e niente più. In compenso vi suggerisco la canzone alla fine dell'articolo, qualcosa di buono almeno lo troverete in questo pezzo.
Sono passati più di dieci anni da calciopoli. Al di là delle opinioni varie e che non mi possono interessare di meno, ad oggi vediamo il peso delle scelte fatte dalla giustizia ordinaria e sportiva che non sono state in grado di fare luce su tutto ma che anzi hanno creato molte zone d'ombra sulle quali ognuno di noi dovrebbe interrogarsi, sulle quali gli animi e le coscienze possono nascondersi o rifugiarsi a seconda dei casi. Non m'interessa essere contro o pro calciopoli, il passato è passato e rivangarlo per me ha lo stesso piacere di sentir risalire la peperonata del giorno prima. Mi lascia solo una fastidiosissima acidità in gola.
Non sopporto vedere come si sia voluto tacere, sorvolare, condannare, perdonare, nascondere, quando meritavamo una risposta definitiva e chiara che non lasciasse adito a dubbi.
Sono passati più di sette anni da quando Platini annunciò il fair play finanziario come un modello di virtuosità per i club e siamo arrivati al punto che questo sistema è stato snaturato, aggirato e drogato tanto che più di un modello di sostenibilità è soltanto l'ennesima forbice tra ricchi e poveri. Perché come ben ci ha insegnato il capitalismo moderno, la ricchezza nasce dalla povertà e non dal benessere.
Sono passati trent'anni dall'Heysel e ancora la gente può morire negli stadi ma a noi basta parlare di Jenny la Carogna senza capire che quell'uomo non è la causa di un male ma il sintomo di una piaga da troppo tempo nascosta sotto la pelle.
E' passato un mese da quando il Telegraph ha scoperto lo scandalo del calcio inglese, ha fatto dimettere Allardyce dal ruolo di CT della nazionale di calcio e dell'Inghilterra e ancora nessuna testa è saltata, nessuno paga, tutto tace. La Premier è salva, il silenzio ha salvato ancora una volta il campionato inglese e mi sovviene il pensiero che l'unica differenza tra noi e loro è che loro sappiano fare le cose con più discrezione. Il Telegraph ha messo in luce quanto sia capillare il sistema di corruzione in Inghilterra, fino ai suoi più alti dirigenti, ma la federazione ha avviato un'indagine interna che non porterà a niente. Ci sono troppi soldi in ballo per far saltare le teste che contano davvero.
Sono passati mesi da quando gli americani hanno portato a galla tutto il marcio della FIFA e si sono visti i giochi di potere alla base di Germania 2006 e di come il Qatar abbia ottenuto l'assegnazione dei mondiali del 2022, un'operazione folle e senza senso in una nazione che non può essere una vetrina per il calcio e che difatti vedrà organizzate le gare in un'unica città (la capitale Doah) in otto stadi con l'aria condizionata.
Sono passati due anni dai mondiali in Brasile, i mondiali più controversi e contestati degli ultimi anni, con un'intera popolazione a protestare contro le scelte scellerate dell'amministrazione pubblica che ha affamato la popolazione, ha tagliato enormemente gli investimenti nei servizi pubblici e ha reso intoccabili politici e organizzatori all'azione della magistratura.
E' passato più di un anno quando Preziosi a sorpresa non difese il Genoa presso l'Uefa perché non soddisfava i requisiti di stabilità patrimoniale. Ad oggi nessuno ha interrogato Preziosi e nessuno conosce la vera realtà economica del Genoa, non sapendo cosa si nasconde sotto il tappeto e il marcio che quest'uomo si porta dietro.
Sono passati due anni dalla fine delle comproprietà e non riesco a capacitarmi come fosse possibile che nessuno della FIGC abbia potuto sapere della situazione del Parma, della spada di Damocle che si sarebbe abbattuta su una delle massime società del calcio italiano per storia e importanza.
Sono passati (mi sembra) due anni dalle frasi razziste di Tavecchio e lui è ancora lì, mentre in NBA quando Sterling espresse poca simpatia per i giocatori di colore in una telefonata privata resa pubblica (neanche in una conferenza) fu costretto a cedere la franchigia. Tutto ciò nonostante in Serie A ci sia una discreta percentuale di manovalanza di colore.
Potrei continuare all'infinito e allora mi fermo qui e mi chiedo, perché? Perché così tante persone se ne fregano di tutto ciò quando è palese che stiamo vivendo una crisi di valori come mai successo prima nella storia del mondo occidentale? Si parla ancora del gol di Muntari, del gol di Turone e del rigore su Ronaldo e ci si dimentica di ogni cosa perché "così va il mondo" e non vogliamo più cambiarlo.
Dopo tutto ciò siamo ancora qui a credere che il calcio sia il gioco più bello del mondo e non vediamo più come questo sport drogato ha perso la sua natura ed è diventato business di infimo livello, al pari di un reality o di un talent da quattro soldi dove piccoli uomini sbandierano valori che non hanno mai avuto e non avranno mai perché contano soltanto i soldi (i nostri soldi).
Non so perché riverso qui le mie frustrazioni mentali e la mia insofferenza quando ci sono cose più importanti che potrei fare, ma ho l'impressione che in quest'era così social la memoria sia diventata un'optional e allora voglio ricordare a me stesso tutto ciò che odio e che disprezzo e chiedermi con forza perché dovrei ancora seguire il calcio e per scoprire se ho ancora la forza di arrabbiarmi. Ho paura che questa forza io non l'abbia e come me molti della mia generazione, e ne ho paura. Perché a 25 anni essere cinico e rassegnato è qualcosa di cui aver paura e da temere. Voglio sforzarmi con tutto me stesso di ricordare per riuscire a capire come fare a non essere schifato da tutto ciò e voglio chiederlo anche a voi, sperando che la mia domanda non sia una cosa futile e un vaneggiamento che non interessa a nessuno. Magari sono egocentrico io e m'illudo che i miei dubbi possano essere i dubbi di tutti e la mia nausea abbia radici profonde quando in verità non è così.
Nel dubbio ascoltate la canzone. E' molto bella.
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Premessa.
a) Il titolo è ispirato da Raymond Carver, quindi calma con i giudizi estemporanei.
b) Non prendete niente di ciò che scrivo come fosse qualcosa di assiomatico.
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