Domanda: "Cosa c'è da aspettarsi nei prossimi tre mesi?"
Risposta: "Niente."
Non serviranno foto, frasi o citazioni per illustrare il tempo che ci separa dalla fine di questa Serie A. Nel prossimo Almanacco del Calcio potranno riportare questo semplice scambio di battute, un botta e risposta rapido e indolore. Se non altro risparmieranno carta ed io non chiederò loro i diritti d'autore.
Ciò che non risparmierà noi sportivi invece sarà un copione standardizzato, scritto con troppi mesi d'anticipo.
Dunque con una Juventus già vincente in campionato, con Roma/Napoli a battersi per il concetto che vincere in Italia significa al massimo salire sul secondo gradino del podio, con Lazio/Atalanta/Inter/Milan a far finta di lottare per un Europa League che, come ben sappiamo, l'anno prossimo verrà disputata schierando di volta in volta le riserve delle riserve.
E allora che ci resta?
Giusto! Come ho potuto dimenticarmene?
Tolte Crotone/Pescara/Palermo/Empoli che se riescono a perdere con solo due gol di scarto hanno raggiunto un buon motivo per andare a nanna con la coscienza a posto, ci resta la fantastica accozzaglia di 13 squadre che, prima di scendere in campo, negli spogliatoi vivono quei cinque minuti d'abbandono, e si chiedono con freddezza per cosa devono giocare oggi. Poi ciascun calciatore ricorda il lauto ingaggio e si rinviene.
Ed ecco che, magicamente, le ultime 9/10 partite del campionato non servono più a nessuno: ascolti in tv che crollano e stadi deserti. Perché pagare se il destino di un'intera stagione è ormai scritto?
Potrei chiuderla qua e dirvi Le Cose Come Stanno sul fatto che un campionato a 20 squadre sia una fregatura totale. Tuttavia è una strada già battuta, una teoria ormai assodata, un po' banale. Del resto se ne sono accorti tutti tranne Tavecchio. Inoltre non posso - e non voglio - stare sempre a lamentarmi!
E allora voglio elogiare la Roma, che ancor tiene viva la mia mente.
Ah, Roma, che ambiente spumeggiante.
Se esiste ancora qualcosa meritevole di un interesse collettivo in questo ultimo scorcio di campionato, sono assolutamente certo di dover guardare nient'altro che verso la capitale. Vi invito a farlo.
Vedreste subito una sponda giallorossa tutta unita per affondare un altro coltello nel ventre di Spalletti, il "male di tutto", della Roma, di Totti e degli ultras.
Non gli hanno risparmiato nulla, tifosi, giornalisti e mogli.
Proprio la carta stampata in questi ultimi giorni ha deciso di ribadire il concetto e chiedersi se il buon Luciano da Certaldo non sia un caso psichiatrico. Reo di essere tornato in quell'inferno che conosceva bene, quell'ambiente focoso che non da scampo, con la consapevolezza di poterlo governare, di avere la possibilità di dirigere e di sbagliare.
Ma a giudicare dalle situazioni e dai diverbi interni, pare che non gli sia stata data neanche la possibilità di prendere le decisioni tecniche, di scegliere chi schierare e quando schierarlo. Semplicemente di allenare.
Luis Enrique un giorno si chiese di fronte alle telecamere che cos'aveva mai fatto per "meritare tutta questa m***a". E si congedò così, lui che era ed è tutt'oggi un uomo ed uno sportivo di successo. Ricordo anche un certo Rudi Garcia, un certo Zdenek Zeman, un tale di nome Claudio Ranieri, e lo stesso Fabio Capello, scappato via addirittura in piena notte. Tutti fuggiti di corsa. Tutti "psicolabili".
Hanno fatto di tutto per rendere il soggiorno di Luciano Spalletti tanto scomodo quanto lugubre, ma lui ha risposto nella sua lingua, quella dell'esperienza e della virtù, riuscendo a revitalizzare tecnicamente ed economicamente l'acquisto di Dzeko, reinventando con successo uno straripante Nainggolan, donando un'identità tattica alla Roma, trascinando al secondo posto la società giallorossa ai danni di un Napoli capace di spendere di più e raccogliere di meno.
Solo contro tutti per tutta la stagione, e a Giugno aggiungerà un nuovo capitolo al tetro tomo de "Le fughe da Roma".
Perché scappano tutti da Roma? Qualcuno se lo è mai chiesto? Qualcuno si è mai risposto?
Vi dico Le Cose Come Stanno: se non si vuole puntare il dito contro le palate di sterco scagliate dai media di settimana in settimana, proviamo ad indirizzare il nostro binocolo verso la curva, verso quegli sputi e quelle minacce che hanno sommerso Daniele De Rossi dopo Roma-Fiorentina.
Se non si vuole puntare il dito contro i supporters, allora proviamo ad indirizzare il nostro occhio di bue sul capitano, il numero 10, la bandiera, "l'esempio". Colui che se non gioca mugugna, se gioca e non vince mugugna e se viene chiamato per entrare in campo dalla panchina si rifiuta, voltando le spalle al mister, ai compagni, alla tifoseria ed alla società.
Considerando che ha superato i 40 anni di età non riesco più a capire se devo ridere o piangere di fronte a quest'aneddoto, l'ultimo in ordine di tempo al quale "Er pupone" ci ha abituato nella sua personalissima partita a scacchi con gli allenatori.
E con questa definizione mi rendo conto di insultare profondamente professionisti del calibro di Robert James "Bobby" Fischer, una leggenda della scacchiera.
Il vero paradosso inspiegabile è la difesa al calciatore.
Blindato dal popolo, potrà dire e fare sempre qualsiasi cosa, nessuno può fermarlo, né un allenatore, né una società.
"Lui può", questo è il mantra, poiché non esiste più una distinzione vera tra gli appassionati, i tifosi o i giornalisti: esiste solo il tifo per Francesco Totti, del bene della squadra e della società non interessa concretamente a nessuno.
Colpa del giocatore o della gente? Difficile distinguere le due parti, si è giunti ad uno stato ormai avanzato di questa follia, apparentemente irreversibile.
Ci sarà sempre posto per gli alibi, le scusanti e le recriminazioni in questa Roma. Lo spazio per il ricambio, per i progetti e per il futuro invece non sono cose per quest'epoca.
Gli americani nella seconda Guerra Mondiale vennero in Italia per liberarci, chissà che la proprietà giallorossa non rammenti troppo tardi questo episodio storico.
Al momento, rimanendo sui fatti concreti, non c'è spazio per vincere e non c'è spazio per un allenatore.
I falsi idoli, con tifosi del genere, vendono di più. Fanno tendenza.
MC
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