MC sono le mie iniziali e mi fermo qui. A che serve un nome e un cognome quando hai un'idea? Ho anche un'altra cosa, un bagaglio, un passato fatto di hobby e speranze. E allora vado dritto al sodo: fui arbitro, raggiunsi l'Eccellenza in ambito regionale. Voi direte: "Pfh, l'Eccellenza! E che ci vuole?" Un po' di informazioni per tutti: La scaletta delle categorie del nostro calcio è la seguente: - Esordienti - Giovanissimi - Allievi - Juniores - Terza Categoria - Seconda Categoria - Prima Categoria - Promozione e Beretti / Allievi e Juniores Regionali e Nazionali - Eccellenza - CAN D (Serie D) - Lega Pro - Serie B - Serie A Per passare alla categoria successiva un Osservatore Provinciale viene a vedere l'arbitro durante la direzione di una partita a caso, senza preavviso. Ci si può aspettare ma non si può mai averne la certezza assoluta, perciò un arbitro deve essere sempre al top e sperare di essere visionato nella miglior prestazione possibile. Se il voto dell'Osservatore è di 8.30 o inferiore, l'arbitro rischia di venir retrocesso alla categoria inferiore. Con 8.40 viene confermato nella categoria per la quale sta arbitrando. Con 8.50 o superiori, viene valutata la possibilità di far salire l'arbitro alla categoria superiore. Criterio di valutazione valido in tutte le categorie, anche in Serie A. L'Osservatore di provincia esiste fino agli Juniores, finché un arbitro resta nei campetti di provincia: chi arriva ad arbitrare la Terza Categoria, riceverà le attenzioni dell'Organo Tecnico Regionale e, con gli stessi criteri di valutazione, un arbitro può venir promosso in Seconda Categoria ed arbitrare quindi sui campi di tutta la regione. Fine della teoria, torniamo a noi. Vi posso assicurare che arbitrare è la cosa migliore che mi sia mai capitata, un percorso di crescita costante, il modo giusto per imparare a tirare fuori gli attributi e la personalità. Arbitrare apre la mente. Dover dirigere calciatori con il doppio dei tuoi anni non è cosa semplice e scontata. Quando un arbitro scende in campo - specialmente fino alla Prima Categoria - è completamente solo: solo contro 22 giocatori e contro due panchine, solo contro il pubblico. Dalla Promozione arrivano anche gli assistenti. Purtroppo per me, il mio percorso è iniziato tardi, scelsi di diventare un arbitro all'età di 21 anni (si inizia ad arbitrare già a 15 anni) ed entro il 24esimo anno di età avrei dovuto raggiungere la CAN D. Ci sono delle soglie di sbarramento dovute all'età, in altre parole a 25 anni si è già troppo "vecchi" per poter accedere alla Serie D. Tuttavia, bruciai letteralmente le tappe e mi presentai in rampa di lancio per poter accedere alla CAN D, avevo 24 anni. La falsa modestia è molto peggio della vanità, per cui sarò onesto: mi impegnai molto, ero in forma e piuttosto fortunato, ad ogni volta che venivo visionato indovinavo la partita. Un mezzo miracolo sportivo. Apro l'ultima parentesi: arbitrare non è facile e se l'ambizione è quella di salire e fare strada, fin dagli esordi sono indispensabili tre qualità: Decisione, Rapidità, Lucidità. Per essere deciso devi possedere una predisposizione caratteriale e devi necessariamente maturare esperienza tra Esordienti e Giovanissimi, già con Allievi e Juniores non puoi permetterti debolezze o crolli emotivi. Per essere rapido devi conoscere il regolamento e sviluppare la capacità di prendere la decisione giusta in 1 secondo e mezzo. Dai due ai tre secondi diventa per tutti esitazione e chiunque potrà usarla contro di te in campo. Per essere lucido devi allenarti costantemente e superare i test annuali per poter arbitrare nella categoria successiva, svolgevo due allenamenti intensivi più un allenamento di scarico alla settimana. Il tutto sotto gli occhi vigili di un preparatore atletico. Essere lucidi è fondamentale, arrivare stanchi e col fiatone su un azione non aiuta a prendere la decisione corretta rapidamente. Per arrivare al nocciolo della questione, vi racconto il mio fallimento sportivo, è necessario: era Maggio, ultima partita stagionale, sapevo che avrei avuto l'osservatore poiché era la mia ultima chance per salire in CAN D ed arbitrare in territorio nazionale. Partita tosta, nessuna delle due squadre voleva retrocedere. Ve la faccio breve: al 15esimo del primo tempo, su rimessa laterale, un calciatore fa per togliere la palla di mano a quello avversario che stava per battere, l'altro in reazione gli mette una mano sul collo e lo spinge forte facendolo cadere all'indietro contro i cartelloni delle pubblicità. Il tutto sotto la tribuna, sotto gli occhi dell'osservatore. Ho un secondo e mezzo per decidere, scelgo di applicare il regolamento. Cartellino rosso. La partita finì 1-1 e fu abbastanza corretta, a fine partita entrai nello spogliatoio, l'osservatore entrò dopo di me e si mise a sedere. Prima che potesse iniziare a parlare, bussò alla porta il calciatore che avevo espulso, scusandosi e chiedendomi clemenza nel referto. Ero al settimo cielo, il calciatore espulso mi stava praticamente dando ragione sulla decisione presa, l'unico vero episodio decisivo del match. Quando questo uscì, l'Osservatore mi distrusse. Mi fece presente che i calciatori non capiscono niente delle regole del calcio e che al quarto d'ora non avrei mai e poi mai dovuto dare un rosso in quel modo, poiché certi episodi specialmente a gioco fermo vanno saputi sedare con personalità. Il regolamento non va applicato sempre, talvolta si deve far finta di non vedere e gestire le cose con il linguaggio del corpo, con le parole. I cartellini servono ad altro. Per molto tempo non capii quelle parole. Ci rimasi veramente male, mi sentivo nel giusto, avevo applicato il regolamento, quel calciatore doveva essere espulso, inoltre si era pure scusato a fine partita. Eppure la mia "carriera" era finita. Se non si supera lo sbarramento d'età si hanno tre scelte: tornare ad arbitrare in provincia fino massimo alla Terza Categoria, iniziare la carriera da assistente (guardalinee), o smettere. Scelsi di tornare a fare il calciatore. Solo a distanza di anni mi sono reso conto di quanta ragione avesse quell'Osservatore di Firenze. Il Signor Rizzoli, durante Juventus-Inter, è stato sordo per tutta la partita. E con lui gli assistenti, quelli dietro la porta ed il quarto uomo. Sono stati insultati tutta la partita da entrambe le squadre, il "putamadre" labiale di Higuain non credo fosse un sussurro. Non giudico l'operato tecnico, i rigori o i non rigori, perché gli episodi dubbi arrivano sempre; al Bologna ieri contro l'Inter è stato negato un rigore evidente, per esempio. Ciò che contesto fortemente è la voglia irrefrenabile di essere protagonisti ad ogni costo, di improvvisarsi verginelle all'improvviso e al novantesimo minuto, buttando fuori Perisic e facendo squalificare Icardi dopo aver permesso ogni sfogo di ogni calciatore, dando adito ad inutili chiacchiere da bar, sulla Juve e su una fantomatica Calciopoli-bis. Non esistono favoritismi ad una squadra rispetto che ad un altra, esistono solo arbitri che mirano a stare fin troppo sul palcoscenico, a rendersi distinguibili per forza anziché limitarsi ad arbitrare. Riuscendo a gettare, senza volerlo, ombre illecite su un campionato corretto. Un arbitro per dirigere bene deve essere invisibile, prendendo decisioni perché deve, non perché vuole. Ho imparato sulla mia pelle il peso di queste parole, spero che anche voi adesso possiate comprenderle. Nel mio caso applicai il regolamento alla lettera, Rizzoli ha scelto di applicarlo solo a fine partita. Ma l'errore è comune, l'assenza di personalità: la pallonata di Icardi - in considerazione del fatto che non ti ha colpito - da arbitro puoi ignorarla e lasciarla perdere, visto il momento di frustrazione. Su Perisic, a seconda di cosa gli abbia detto e in quanti calciatori intorno lo abbiano sentito, avrà senz'altro avuto le mani legate, ma il concetto non cambia di una virgola. Per Rizzoli consiglio meno interviste su Mediaset, meno telecamere, meno riflettori. Per i tifosi di ogni squadra consiglio invece di non cercare scuse sugli insuccessi: quella partita, Juventus - Inter, su dieci volte almeno nove sarebbe stata vittoria dei bianconeri. Gli alibi, specialmente quando la propria squadra non fa un tiro in porta, sono per i perdenti. Sono queste Le Cose Come Stanno. MC