Gli addii nel calcio non sono quasi mai indolori: quando un calciatore lascia una squadra per accasarsi in un’altra lascia spesso dietro di se’ uno strascico di critiche nei tifosi; il tifoso vive l’addio di un suo beniamino come una sorta di tradimento: un po’ come se la tua fidanzata di colpo ti lasciasse e si mettesse assieme ad un altro. Poco importa i ragionamenti che ci sono dietro, il cuore ci porta a guardare l’altra persona con un occhio diverso, spesso intriso di rancore per un idillio che non doveva interrompersi e invece si è rotto; la scorsa estate è maturata la separazione tra Leonardo Bonucci e la Juventus: un divorzio che, pur essendo nell’aria, ha lasciato tutti sgomenti per il fatto che Leo ha scelto di rimanere in Italia dopo essersi contraddistinto come uno degli ambasciatori della rinascita juventina nonché simbolo in un certo senso del dna bianconero.

Una scelta che ha addolorato anche il sottoscritto ma che, come scrissi già a suo tempo, alla fine non mi sentii di criticare proprio per quello che Bonucci aveva rappresentato negli anni precedenti. Leo è stato tra i calciatori più utilizzati nei sette anni di militanza bianconera, certamente il difensore più affidabile in termini di continuità e forma fisica; ha contribuito, assieme al blocco storico, a costituire un reparto difensivo formidabile che lui ha arricchito con la sua grande tecnica e intelligenza tattica e si è sempre esposto a difesa dei colori per cui giocava quando gli sessi venivano attaccati da chicchessia. Le bandiere nel calcio, purtroppo, stanno scomparendo e i calciatori interpretano questo gioco come una professione più che una vocazione e di conseguenza, quando si tratta di scegliere, molto spesso lo fanno con il cervello e non con il cuore.

Ovviamente non mi aspettavo che ieri sera il pubblico dello Stadium gli tributasse un applauso: ripeto, la scelta di Leo di rimanere in Italia ha fatto male a molti ed è normale che non gli sia stata perdonata. Tuttavia mai mi sarei aspettato un’accoglienza fatta di tanto rancore e fischi, accoglienza che spesso non riservano nemmeno al peggiore dei rivali sportivi: tra i fischi e gli applausi ci sarebbe stato un, a mio avviso, molto più rispettoso silenzio/indifferenza in attesa anche di capire, magari in futuro, quali siano state le reali motivazioni che hanno spinto Leo a cambiare rimanendo in Italia.

Fischiarlo e insultarlo è stata una delle peggiori vigliaccate a mio avviso mai uscite dallo Stadium che, nel contestare Bonucci, ha automaticamente contestato anche anni di battaglie, gioie e vittorie festeggiate anche con lui. Non pago dello spettacolo offerto, il pubblico ha pure pensato di mugugnare anche contro i propri beniamini, arrivando addirittura a fischiare Khedira. Chi paga il biglietto ha sempre ragione ma io mi chiedo: dopo dei anni di successi, siamo nelle condizioni di fischiare questa squadra o non è forse il caso che, nei momenti di difficoltà, ci si raccolga ancora di più attorno ad essa ? io opterei per la seconda e sono sicuro che chiunque dotato di buon senso potrà concordare con il sottoscritto. Se proprio vogliamo andare allo stadio, dobbiamo supportare la squadra per cui facciamo il tifo; in caso contrario, meglio starsene comodi seduti su di un divano.