E 4-2-3-1 fu. Casualmente, proprio nella giornata di sabato, scrissi un articolo in cui sostenevo come il suddetto modulo potesse rappresentare una valida alternativa tattica per Allegri: privarsi delle mezze ali, a favore di centrocampisti “bloccati” e di un gioco più di fascia mediante gli esterni offensivi avrebbe rappresentato una buona soluzione; soprattutto se non si dispone più di interni esplosivi e di prima fascia dopo le partenza prima di Vidal, poi di Pogba, rimpiazzati da calciatori bravi ma con caratteristiche diverse. Il tecnico livornese contro la Lazio schiera una squadra molto spregiudicata, con quattro calciatori prettamente offensivi e un centrocampo, nonostante ciò, non composto da interditori puri: Pjanic è tornato a giocare davanti alla difesa, dimostrando che, soprattutto in un centrocampo a due, può benissimo ricoprire anche questo tipo di posizione; al suo fianco un Khedira che ha rivissuto i tempi di Madrid, in cui agiva prevalentemente davanti alla difesa come uomo d’ordine. In avanti Cuadrado nella sua posizione congeniale di esterno destro, Dybala in posizione di raccordo, con libertà di movimento e a sinistra l’onnipresente Mario Mandzukic: piaccia o no il croato, quando è in campo dall’inizio, si fa sempre sentire, il suo acume tattico unito allo spirito di sacrificio fanno di lui un calciatore fondamentale per gli equilibri di gioco bianconeri e non è un caso che, quando in campo c’è lui, anche le prestazioni di Dybala subiscono sempre un’impennata in positivo. A completare il reparto avanzato, da terminale offensivo, Higuain: il Pipita forse riesce a muoversi meglio quando fa reparto da solo o comunque quando non è affiancato da una seconda punta, almeno questa è l’impressione che ho avuto ieri nel vedere i suoi movimenti con e senza palla. Ne è scaturita una partita gradevole e messa subito in discesa: su questo in realtà avevo ben pochi dubbi, dal momento che le reazioni della Juventus dopo le quattro sconfitte esterne, sono sempre state piene di orgoglio, rabbia e voglia di vincere, nel fortino dello Stadium. Tuttavia un velo di perplessità continua a permanere, mi spiego: oggi la partita è stata comandata sul piano del gioco e ben portata avanti a livello tecnico; pensare però che tutte le partite, specie quelle esterne, potranno essere condotte in questa maniera è velleitario e anche un po’ semplicistico, perché non si tiene conto dell’avversario, a maggior ragione se contro la Juve tutti si immolano tentando la partita della vita, nonostante qualche facoltoso quotidiano sportivo abbia tentato di sdoganare il concetto di “scansamento”. Oggi i rischi sono stati pari a zero, con una Lazio che ha creato ben pochi grattacapo alla retroguardia bianconera ma, quando ci saranno momenti in cui l’avversario tenterà di metterci alle corde, vorrò vedere una squadra che, come la passata stagione, difende con grande ordine e riduce al minimo sindacale i rischi; a differenza di questa stagione, dove in certi frangenti abbiamo dato, dal punto di vista difensivo, l’impressione di essere allo sbando più totale e di subire passivamente le cariche dell’avversario. Raggiunto questo traguardo, unitamente ad una fase offensiva propositiva, allora saremo liberi di sognare ma bisogna ancora lavorare moltissimo. Non si sa se rivedremo con continuità un modulo come questo, molto dipenderà dall’avversario e da come Allegri immaginerà la partita: di fatto ieri non c’era una prima punta di ruolo pronta a subentrare dalla panchina, io un pensierino sul trattenere a Torino Zaza l’avrei fatto se ci vogliamo dirigere in quest’ottica di modulo; personalmente, come già affermato, il 4-2-3-1 lo ritengo una soluzione ottima, che camuffa alcune nostre “lacune” e sprigiona calciatori che, con altri moduli, verrebbero leggermente penalizzati come Cuadrado e Pjaca: quest’ultimo mi auguro venga impiegato con continuità e minutaggio crescente. Punto che, invece, ritengo non negoziabile è un’adozione costante e duratura dei due centrali difensivi: la cosiddetta “difesa a tre” è stato un grande cavallo di battaglia ma per fare il salto di qualità, soprattutto in Europa, occorre che il gioco venga prodotto dal centrocampo in su; Bonucci è un grandissimo interprete da centrale nei tre, libero vecchio stampo, ma la (naturale, per carità) tentazione di scavalcare il centrocampo con lanci lunghi per cercare Higuain, alla lunga può rivelarsi letale; il Pipita va cercato con il gioco, che può partire dalla difesa ma non può arenarsi al classico giro palla della difesa a tre in cui a Firenze ci siamo letteralmente ingarbugliati. Capisco che tenere in panchina tre dei nostri cinque, fortissimi, difensori centrali possa risultare difficile ma sono abbastanza certo che tutti troveranno il loro spazio. Amo immaginare il calcio come sport non matematico ma di complessi equilibri tra opposti: nel nostro caso, gioco propositivo e concretezza dovranno essere la nostra “forza tranquilla”, per spiccare definitivamente il volo.