La disastrosa stagione del Milan, relegato a metà classifica, avrà forse sorpreso coloro i quali per tutta l'estate hanno esaltato oltremodo la campagna acquisti rossonera, preannunciando un automatico campionato di vertice proporzionale alla spesa effettuata. Non avrà di certo sorpreso quanti invece si fossero scomodati, prima di cedere a eccessivi entusiasmi, ad analizzare il lavoro combinato (seppur non così a stretto e diretto contatto) svolto negli anni all'Inter dagli attuali amministratore delegato e direttore sportivo del club di via Aldo Rossi.

Fassone e Mirabelli approdano all'Inter nel 2012, dove lavorano rispettivamente fino al 2015 e 2016 esclusa la stagione 2013-2014 nella quale il secondo si trasferisce al Sunderland per poi tornare alla base:

- Marco Fassone subentra a Ernesto Paolillo nel ruolo di direttore generale. Massimo Moratti gli affida le chiavi del progetto di rilancio post-Triplete che prevede soprattutto la costruzione dello stadio di proprietà, visto che il DG proveniente dal Napoli aveva lavorato al nuovo impianto della Juventus inaugurato proprio l'anno prima. Il presidente nerazzurro rivelerà infatti che "Fassone ha esperienza nella costruzione dello stadio, questo è stato uno dei fattori per cui è stato scelto". L'avventura nerazzurra di Fassone parte in salita, dal momento che ai tempi della Juventus era stato immortalato in una fotografia mentre mostrava sorridente una maglietta recante la scritta "meglio un anno senza tituli che una vita da ridiculi", e i tifosi non perdono occasione per rinfacciarglielo come con gli eloquenti striscioni esposti in Curva Nord in occasione della semifinale di ritorno della Coppa Italia persa a San Siro contro la Roma. A un anno di distanza dal suo arrivo, Fassone ribadisce che "lo stadio si farà entro il 2018", ma lo stadio non si farà. E ancora: "il bilancio ci vieta spese folli, ma siamo riusciti a chiudere 5 interessanti colpi per la prossima stagione: Laxalt, Campagnaro, Andreolli, Botta e Icardi". Velo pietoso sui primi 4, Icardi viene preso personalmente da Moratti, che vede in lui l'erede di Diego Milito e lo soffia al Napoli con un autentico blitz. La stagione, disastrosa, volge al termine: Moratti ingaggia Walter Mazzarri sponsorizzato proprio da Fassone, che ne aveva apprezzato le qualità ai tempi di Napoli. Il progetto non decolla e Moratti cede il 70% delle quote a Erick Thohir, Fassone resta al suo posto ma è protagonista di un altro scontro coi tifosi in occasione del mancato scambio Guarin-Vucinic con la Juventus che vede una folta delegazione della Curva Nord accusarlo di essere una delle mele marce della società tramite cori e striscioni proprio sotto la sede nerazzurra. Termina anche questa mediocre stagione contrassegnata dal cambio di proprietà e finalmente sarà possibile compiere valutazioni attendibili sull'operato del nuovo corso: Fassone definisce Mazzarri il pilastro del progetto, si occupa personalmente dell'operazione Vidic a parametro zero e affida ad Ausilio e Mirabelli, nel frattempo rientrato dall'esperienza inglese, il mercato estivo a base di Medel, M'Vila, Dodò e Osvaldo. Uno sfacelo. Ma ecco all'orizzonte il danno più evidente: Mazzarri, che aveva firmato un anno prima solo un biennale, inizierebbe la stagione a scadenza, ma Fassone insiste affinchè Thohir gli rinnovi il contratto per legittimarlo agli occhi dello spogliatoio. Detto fatto, a novembre squadra allo sbando e Mazzarri esonerato. Torna Mancini richiamato dall'AD Bolingbroke, uomo di Thohir, e l'Inter avrà sul groppone l'ingaggio cospicuo di Mazzarri fino al giugno 2016. Tra mercato invernale e mercato estivo l'Inter fa all-in, porta a casa 15 giocatori (quasi tutte seconde e terze scelte, basti vedere il mancato arrivo di Salah, già d'accordo con Mancini, causa un'immotivata paura della dirigenza di perdere la causa legale minacciata dalla Fiorentina -che a sua volta invece la perderà con la Roma per la cessione dell'egiziano dal Chelsea- e la conseguente virata su Stevan Jovetic) impegnandosi in onerosi riscatti per entrare in Champions e sparigliare il tavolo innescando un circolo virtuoso, ma la squadra arriva quarta e ne fallisce l'accesso. Da qui la cessione lampo del 70 % delle quote da parte di Thohir a Suning Group dell'imprenditore cinese Zhang Jindong nel giugno 2016, con l'indonesiano che rimane azionista di minoranza pronto a consumare la scellerata sostituzione di Mancini con De Boer.

- Massimiliano Mirabelli diventa osservatore dell'Inter nel 2012, in corrispondenza con l'arrivo di Fassone, e torna nel 2014 in qualità di capo osservatore alle dipendenze del DS Ausilio. Stringe uno stretto rapporto di collaborazione con Mancini, per conto del quale visiona anche alcuni prospetti in Argentina che poi il tecnico di Jesi porterà con sè allo Zenit San Pietroburgo. Negli anni si distingue in particolare per le segnalazioni di Kovacic, Brozovic, Murillo, manifesta qualche perplessità sull'ingaggio di Kondogbia, propone Borini, Calhanoglu, Ricardo Rodriguez e Conti, buoni calciatori che poi porterà sull'altra sponda del Naviglio una volta divenuto DS e responsabile dell'area tecnica del Milan. 

La gestione sportiva rossonera di Fassone e Mirabelli ha come marchio di fabbrica concetti quali "anno di transizione", "tempo per assemblare", "progetto San Siro tutto nostro", concetti astratti che non dovrebbero essere tipici di un club che investe oltre 230 milioni di euro in una sola sessione di mercato. Inoltre il rinnovo a Montella assomiglia maledettamente a quello del Mazzarri interista, la scelta di Gattuso è senza futuro (staranno gettando le basi per un accordo con un top manager o sperano davvero che Ringhio compia il miracolo di alzare Coppa Italia o addirittura Europa League per farsi riconfermare?) e la gestione della vicenda Raiola-Donnarumma stucchevole.

Ma veniamo al lato meramente tecnico della questione relativa al mercato prima esaltato e poi condannato:

  1. Borini è un tappabuchi di fatica ma d'emergenza, che invece gioca sempre e incide mai;
  2. Calhanoglu, 20 milioni di euro, è un doppione di calciatori che il Milan aveva già in rosa;
  3. Kessiè, come il Gagliardini interista, è stato pagato esageratemente tanto (26);
  4. Musacchio, contro il quale Dzeko banchettò in Villarreal-Roma della scorsa Europa League, vedi sopra (17);
  5. Rodriguez, fino a 2-3 anni fa tra i migliori laterali sinistri in Europa ambìto da Real Madrid e Chelsea, è sui livelli della scorsa stagione al Wolfsburg, smarrito tra più ruoli e conseguentemente goffo e insicuro;
  6. Andrè Silva, pagato 35 milioni di euro, è il fantasma dell'attaccante che segnava spesso e volentieri nel Porto in campionato e Champions, ma d'altronde se non ha reso Jackson Martinez (che di reti ne segnava a valanga) nel passaggio all'Atlètico perchè aspettarsi diversamente da un ragazzo ancora acerbo?
  7. Kalinic, preso a fine mercato perchè cominciava a palesarsi la paura che il portoghese deludesse, non è mai stato un bomber di razza, ma un utilissimo attaccante di manovra che non garantirà mai le reti che avrebbe potuto realizzare un bomber da 60 milioni complessivi (la cifra investita per Kalinic e Andrè Silva);
  8. Biglia, trentunenne regista di cui il Milan aveva senz'altro bisogno, non valeva l'investimento fatto a un solo anno dalla scadenza del contratto con Lotito, sarebbe bastato solo avere qualche scrupolo in più sulla sua fragilità fisica (operazione alla Hernanes-Inter, a perdere: prototipo di calciatore che il meglio lo ha già dato ed è quindi irrivendibile);
  9. Conti, sfortunato nell'infortunio pronti via, rappresenta l'equivoco tattico principale della campagna acquisti: fantastico fluidificante d'inserimento nello scacchiere magistrale di Gasperini, sarebbe stato fatto giocare esterno basso limitandone le doti o esterno alto snaturando altri calciatori come poi è stato fatto con l'improduttivo 352 di Montella?
  10. Capitolo Bonucci, la ciliegina sulla torta del mercato rossonero: in una prima fase la sensazione era che il suo arrivo al Milan avesse indebolito sia cedente che acquirente, invece la Juve è tornata di ferro dimostrando come il suo valore sia stato leggermente sopravvalutato negli anni, e allora ecco una domanda sopita da tempo: ma se ai tempi del Bari Ranocchia fosse finito alla Juve e Bonucci all'Inter, il primo non avrebbe fatto una ben più onesta carriera magari come rincalzo da compitino alla Rugani? e il secondo non sarebbe finito nel tritacarne nerazzurro anzichè in quello rossonero invece di fare incetta di scudetti?

Presi singolarmente, nessuno di questi calciatori può essere definito un brocco, ma nell'insieme della costruzione della rosa sono stati commessi errori madornali che arrecano un danno incalcolabile sui bilanci rossoneri: oltre 200 milioni investiti per una squadra al decimo posto in classifica che faticherà ad agganciare la sesta e la settima posizione a scapito di squadre ben organizzate come Sampdoria, Fiorentina e Atalanta, e che non vincerà nè la Coppa Italia nè tantomeno l'Europa League.

Insomma, qualcuno porrà dei limiti ai margini di manovra della premiata ditta Fassone-Mirabelli o verranno lasciati liberi di depauperare ulteriormente le casse rossonere?