Non c'è molto d'aggiungere alle milioni di parole, al considerevole quantitativo di frasi, alle analisi, ai voti, alle ingiurie e alle domande poste con ebeti espressioni tramortite. Soprattutto, non c'è nulla d'aggiungere all'ultima intervista di Gianluigi Buffon da Capitano degli azzurri.

Superman amava davvero la sua Lois Lane in blu; ha provata a difenderla finché poteva. Volando di palo in palo, ha salvato la sua amata in tantissime occasioni.
Chi non conosce la parata in un Italia-Paraguay di tanto tempo fa? Era il 1998, e Gianluigi mostrò al mondo che in alto stava bene, che volando non aveva vertigini. Leggero come un falco, deciso come un leone nello scacciare quel pallone che forse nessuno avrebbe mai potuto prendere. Se lo godevano all'epoca i tifosi del Parma, mentre levava dall'incrocio un bolide tirato da quell'urugaiano magico con il sorriso beffardo, El Chino Recoba. L'osservava esterrefatto un certo Ronaldo, quando parava un suo rigore tirato alla perfezione. Se lo son goduti poi i tifosi della Vecchia Signora; e servirebbe un libro per descrivere le sue parate più belle e decisive. Personalmente, da tifoso bianconero, scelgo quella di un Cagliari-Juventus 2-3, di ritorno dalla B: è tuttavia, soltanto un parere.
Eppure quell'eroe volante dava ancor qualcosa di più quando la sua dama azzurra gli affidava le chiavi della sua sicurezza.  "Zidane... Zidane... Buffon". L'ultimo urlato, come se fosse un gol. Era il 2006, e l'amplesso tra la dama azzurra e il popolo italiano divenne di pubblico dominio; una goduria orgasmica che coinvolse lo stivale interamente, senza eccezioni (escluso qualche mela marcia e idiota). Nell'ebbrezza della gioia, nessuno sottolineò mai abbastanza che l'amante N.1 era quello che più di tutti l'aveva protetta. 

La storia continuò, e come in tutte le storie, gli eroi vincono e perdono battaglie e le loro gesta son per sempre. Il tempo passa, però, e, seppur limitante, per il Superman azzurro non è stato l'incedere degli anni il nemico. La kryptonite ha preso forma in un buffo ometto di un metro e mezzo, razzista, sessista, xenofobo e antisemita. Un tizio pelato, che ha a più riprese nascosto il suo vero io "correggendo il tiro".
Non eleggerò mai quel buffo personaggio al Luthor di turno; tuttavia le azioni che sono susseguite a quella nomina hanno creato un esercito di difficoltà per il Capitano, per l'Eroe e per tutti i validi compagni che l'hanno accompagnato. Validi per l'impegno, sicuramente, talora non per il valore intrinseco. 

Come ogni racconto, ci sarebbe dovuto essere uno scontro tra titani, il bene (in questo caso il Capitano della Nazionale) e il male (l'omuncolo/ominide) avrebbero dovuto sfidarsi. Avrei voluto parlare di come il mio eroe (encomiando, immedesimandomi nei tifosi delle altre squadre, anche gli altri) volando avesse salvato il mond(iale). Non ho potuto. L'avarizia, l'inettitudine, l'amore per il vetusto, hanno portato un magro risultato: l'indecenza. 

Nel mio amaro encomio ho omaggiato super Gigi, perché tifo l'Italia e la Juventus; fossi stato romanista avrei parlato di De Rossi. Perché di tutti gli altri è ancor presto per parlarne: sono passeri sotto ali di aquile che, a Berlino, volarono in alto. Non importa quale protagonista venga scelto, alla fine ciò che non cambia è il finale, il risultato amaro e incredibile. No, non vissero felici e contenti.

S'amarono fino allo spasimo, l'eroe N.1 e la dama azzurra, però non riuscirono a darsi un degno addio; la realtà, mai come ieri sera si è mostrata per quello che è: sicuramente non una fiaba.