A meno di clamorose sorprese, la Juventus di Massimiliano Allegri è ad un passo dal sesto, leggendario, scudetto consecutivo – terzo, per il mister livornese –; in più, i nostri ragazzi, sono in finale di Champions – la seconda in due anni – e in finale di Coppa Italia. È giunto il momento di riconoscere, da parte di tutti i detrattori dell’attuale tecnico juventino, me compreso, che ci sbagliavamo grandemente quando nell’ estate di tre anni fa, all’ indomani dell’abbandono di Antonio Conte, ci siamo ritrovati guidati da quello che avevamo tacciato a priori come avversario storico; figlio del periodo caratterizzato dal fantomatico “er go de Muntari”. Il pregiudizio è un brutto male. Nel mondo del calcio, dove le passioni sono esasperate ed amplificate all’ inverosimile, diventa un difetto ancora peggiore. Quello che è stato rivolto nei confronti di Massimiliano Allegri, dalla maggioranza della tifoseria juventina, fino ad oggi, è puro, insensato pregiudizio. Checché se ne pensi; checché ne pensi lui stesso, considerato che nella sua intelligente umiltà – oltre a rispettare e non denigrare con un definitivo vaffa il povero Arrighe – sostenga che l’allenatore deve semplicemente fare meno danni possibile, Allegri è uno dei principali fautori della grandezza che la Juventus ha raggiunto negli ultimi tre anni. Il suo pragmatismo, alle volte esasperato, la sua intelligenza. La capacità di rigettare ogni integralismo tattico, a favore di un’elasticità organizzativa che contempli moduli differenti a seconda delle necessità contingenti e degli interpreti. Tutto questo è stato la chiave di tre stagioni magnifiche che, oltre all' incredibile ed imbattibile risultato del sesto scudetto, potrebbero esplodere in un tripudio di vittorie insperate e festeggiamenti infiniti. Allegri ha dimostrato una capacità di gestione del gruppo e dei giovani come pochi al mondo. Dybala, Morata e lo stesso Pogba gli devono molto. Non si spaventa di andare allo scontro con i c.d. “senatori” quando è necessario, il caso Bonucci su tutti. Ha una lettura delle gare in corso da vero fuoriclasse. Ma, soprattutto, riesce a vivere l’evento calcistico con una calma al limite della leggerezza e caratterizzata da un ostentato quanto inverecondo distacco. Atteggiamento questo (opposto a quello di altri suoi colleghi famosi che puntano più sulla esasperazione agonistica) con il quale riesce a trasmettere la giusta dose di serenità e umiltà a tutto l’ambiente. Anche lui, come tutti gli allenatori, ha i suoi difetti tecnici, e ognuno di noi può preferirgli come tecnico Conte o Guardiola. Ma il punto non è questo. Il punto è che, nonostante tutto ciò che ha subito dalla tifoseria e dai suoi detrattori storici, durante i periodi di magra (pochi invero), per mero pregiudizio o per l’incapacità di tanti, me compreso, di riconoscere i propri errori, Massimiliano, con una continenza invidiabile, ha risposto unicamente sul campo, come piace a noi juventini, abituati a vincere da sempre su quel fantastico terreno verde e non nelle segreterie segrete della FGCI o nelle cartiere cinesi. Per tutti questi motivi, l’uomo Allegri è ancor meglio dell’allenatore, perché non si è mai tolto il fatidico sassolino dalla scarpa con nessuno. Né ripicche e né insulti. Uno stile da Juve insomma, come non se ne vedeva a Torino dai tempi di mister Lippi. Scusa Mister. Grazie per il tuo splendido lavoro con la nostra amata Juventus. Per favore, cattura per noi il sogno…chi ha la mia età ne ha perse troppe per sopportare ancora un’altra iattura. Fino alla fine.