Terza panchina di fila per Dybala. Nonostante la buona prestazione in Coppa Italia, condita da gol e assist, Allegri non si discosta dalla linea adottata nelle precedenti partite e, dopo l’esclusione contro l’Inter, ha optato per tener fuori la Joya anche per il big match di ieri sera.
Questa volta per novanta minuti, in una partita portata a buon fine non senza difficoltà; una prova di forza di un gruppo ampio e vasto e un messaggio forte e chiaro: tutti sono utili ma, al momento, nessuno è indispensabile o perlomeno non Dybala. Una “sfida” vinta da Allegri contro gli eccessi di certa stampa che, a inizio stagione, aveva iniziato ad affibbiare a Dybala paragoni decisamente altisonanti e soprattutto uno stimolo verso un calciatore che, forse, si era un po’ troppo montato la testa.

Il Dybala del primo anno bianconero era un ragazzino che si muoveva quasi con timore reverenziale: dal volto ancora da bambino emergeva un’espressività che la diceva lunga sulle intenzioni e le motivazioni che lo spingevano; un calciatore che quando correva in campo sollevava le zolle d’erba e che sembrava non venire minimamente toccato da quelle che erano le voci esterne.
Poi la crescita, soprattutto fisica e tattica, ed ecco che Paulo è diventato un calciatore affermato che ha contribuito da protagonista a firmare i successi delle scorse stagioni fino all’enorme attestato di stima della maglia numero dieci, affidatagli la scorsa estate.

Ultimamente però, vuoi per le continue voci sul suo conto, vuoi per vicende personali, l’impressione è che il ragazzino timido ma determinato fosse diventato un giovanotto un po’ arrogante che in campo spesso si gigioneggiava e che soprattutto andava più alla ricerca della giocata individuale che del bene della squadra. Ben presto se ne sono accorti tutti, da Allegri alla società e, di conseguenza, pronta la “cura”, con un po’ di sana panchina che ha dimostrato a Paulo una cosa molto semplice: la squadra può tranquillamente vincere anche senza di lui. Le sue giocate sono importanti ma non fondamentali e, di conseguenza, starà a lui e solamente a lui di riprendersi in mano questa squadra.

Alla Juventus serve il miglior Dybala, che gioca con motivazione e spirito di squadra, in caso contrario le strade non potranno che separarsi perché a Torino non c’è spazio per prime donne, figuriamoci se di soli ventiquattro anni.
Questi mesi serviranno a tutti per capire quali sono le reali intenzioni e se c’è possibilità per proseguire insieme: io me lo auguro, perché stimo il Dybala calciatore ma inutile dirlo che servirà una svolta importante, in termini soprattutto di mentalità e spirito di sacrificio.
Le potenzialità ci sono, starà a lui poi decidere chi seguire: se i consigli dei senatori bianconeri e della dirigenza, tutte persone che vogliono vederlo crescere in modo sano e graduale, proteggendolo dalle voci tentatrici di una stampa che il giorno prima elogia e il giorno dopo ti crocifigge o se seguire le voci esterne, magari di qualche fenomeno brasiliano alla costante ricerca di motivazioni (leggi stipendi milionari) che già in estate aveva immaginato per lui un futuro lontano dalla Juventus.
Noi necessitiamo del primo Dybala, quello che staccava le zolle dal terreno di gioco, forgiato dall’esperienza accumulata in questi anni; in caso contrario, come dimostrano le ultime partite, la Juventus continuerà a vincere anche senza di lui.