Il mancato rinnovo del proprio contratto da parte dell'ex portiere titolare del Milan è di natura differente dai casi che in questa settimana gli sono stati accostati e soprattutto da quello (è ancora un'ipotesi di mercato) che vede vicino il terzino atalantino Conti ai rossoneri.

Il vero nodo cruciale che distingue un caso dall'altro non è quello del bacio della maglia (oggi, questo gesto vale assai poco nel panorama calcistico mondiale) quanto la volontà del neo maggiorenne di non firmare o di farlo con una clausola che danneggi economicamente la società di appartenenza.

Se nessuno mette in dubbio il diritto (sacrosanto) di ognuno di noi (anche di un calciatore) di lavorare dove vuole e per chi vuole, è la contropartita economica che fa un'enorme differenza.
Se il calciatore ed il suo procuratore intendono rinnovare solamente a condizione che venga versata una percentuale sulla futura rivendita o che in assenza, tra 1 anno, la cifra di vendita sia talmente bassa da permettere a qualunque squadra l'acquisto del calciatore, la prima clausola rappresenta una violazione in materia di TPO (“Third Party Ownership”) o TPI (“Third Party Investment”) e Regolamento FIFA sul trasferimento dei giocatori (Regulations on the transfer and status of players): "Nessuna percentuale su una futura rivendita è invece contemplata dal Regolamento, essendo anzi prevista l’impossibilità da parte del procuratore sportivo di avere qualsivoglia interesse nel prezzo di vendita (successiva) del giocatore o nel futuro valore di trasferimento del giocatore (Art. 7.4)".

La seconda clausola, invece, è la vera dimostrazione della dicotomia tra i fatti e "l'amore per i colori rossoneri e il bacio della maglia" decantati dall'ex portiere rossonero.
Sarebbe come, mi scuso per la forzatura dell'esempio, se una persona lasciasse la propria consorte incinta pretendendo di accollare a quest'ultima le spese del divorzio.

Il Milan è una gran donna che al momento è incinta e come tale è in uno stato di forza e di debolezza che procedono di pari passo.
Chiunque affermi di amarla e di volerla frequentare deve essere ben conscio che occorre rispettare questo suo stato.
Viene da sè, se mai ve ne fosse bisogno, che il caso Donnarumma non è per niente simile a quello di Conti e semmai può essere paragonabile a quello di Keita. In questo caso, però, è la Juve (di nuovo?) ad essere considerata la destinazione voluta dal calciatore laziale tra un anno a parametro zero. Lotito permettendo...