A volte ricordo quando, ancora bambino, la domenica seguivo la serie a alla radio con mio nonno. L’andamento delle partite veniva scandito dalle meravigliose radiocronache di “tutto il calcio minuto per minuto”:  la voce del radiocronista descriveva in modo così preciso l’azione che ricordo ancora mi sembrava di vederla; oggi tutto, o molto è cambiato: l’avvento in massa della pay tv ha spostato la fruizione dei match calcistici dalle radio alla televisione. Le partite più importanti ormai vengono presentate più che come incontri sportivi, come delle sorte di film con tanto di appositi spot a pubblicizzare un determinato scontro. In mezzo a tutto ciò sono anche cambiate le cronache dei match, in cui la descrizione puntigliosa dell’azione viene spesso soppiantata da riflessioni del conduttore, affiancato da figure che, fino a qualche anno fa, manco esistevano: i cosiddetti commentatori tecnici. Ma chi sono costoro ? facile spiegato: ex “addetti ai lavori” del mondo del calcio, siano essi calciatori o allenatori, che, senza particolari nozioni in termini di giornalismo, accompagnano la telecronaca con inserti di carattere tecnico, con l’intento di fornire al pubblico un servizio ancora più completo e coinvolgente. Peccato che, quanto appena descritto, sia rimasto nelle stragrande maggioranza dei casi, quasi sempre una teoria: il commento tecnico, a mio avviso, è ben presto diventata una sorta di amplificazione della “chiacchiera da bar”, con persone che senza alcuna nozione di giornalismo (e spesso con un italiano raccapricciante) hanno iniziato a condire le telecronache di elucubrazioni che, per quanto mi riguarda, nulla hanno aggiunto se non distrarre e distogliere l’osservatore da quella che è la cosa che veramente conta, ossia l’osservazione della partita.  Di commentatori tecnici ne ho sentiti di tutti i colori: da ex bandiere di una squadra che, anziché commentare, fanno il tifo ancora per il loro sodalizio, tirando spesso frecciatine ai rivali; ho sentito fantomatici conoscitori di calcio inglese, infarcire la telecronache di urla e vere e proprie elucubrazioni che mi hanno portato a seguire le partite di Premier in modalità muto; infine, forse questi quelli più innocui e simpatici, ho sentito ex allenatori che più che commentare la partita, emettevano i rantoli e gli schiamazzi tipici di chi guarda una partita comodamente seduto sul divano di casa o al bar. La conclusione a cui sono giunto è stata netta e decisa: fosse per me, il commento tecnico non dovrebbe esistere o perlomeno non dovrebbe essere inserito all’interno della partita ma magari alla fine della stessa, con lo spettatore che a quel punto è libero di scegliere se ascoltarlo o meno; per quanto mi riguarda, infatti, non ho infatti nessun bisogno che l’osservazione della partita venga filtrata dall’occhio di un’altra persona; tanto più in uno sport come il calcio, laddove ognuno porta via dalla partita un’idea diversa calibrata a quelli che sono i suoi gusti in termini di gioco. Prima non ho volutamente menzionato alcun nome, per non sembrare fazioso; tuttavia voglio portare quello che secondo me è l’unico, sparuto, esempio positivo di commentatore tecnico: Lele Adani. Un vero amante del calcio che in effetti sa essere valore aggiunto nella telecronaca e non semplice spalla del telecronista. Mai banale, mai ridondante e sempre piacevole da ascoltare, con analisi mai banali e soprattutto mai scadenti nell’adulatorio o nel censorio nei confronti di allenatori, a differenza di quello che fanno altri, spinti da simpatie o antipatie personali. Un caso positivo, tuttavia a mio avviso isolato e che soprattutto non cambia il mio parere su una forma di commento che non mi convince nella maniera più assoluta. Fosse per me, ritornerei alle semplici cronache alla “tutto il calcio minuto per minuto”, dove l’occhio del radiocronista si propone di coincidere con quello dell’ascoltatore e non di esserne un filtro.